Ci inseguono, sono una squadra veloce, silenziosa, oscura, armata e determinata a uccidere. Non so perchè, non so per quale ragione siamo ricercati e condannati. Scappiamo alla cieca nella notte, attraverso la periferia. Gli edifici sono sempre più radi, è difficile stare riparati, nascondersi, i soldati si avvicinano, sento il terrore crescere in me e tra la gente intorno a me. Ognuno pensa a come salvarsi. Lo spazio è sempre più aperto, devo rifugiarmi da qualche parte subito. Entro in un casotto di legno, è un pollaio malandato. Merda e galline, vive o morte, ovunque. Mi appiattisco per terra schiacciandomi tra merda e carogne. "Fai che non entrino, fai che non entrino..." Rumori all'ingresso, uno di loro è entrato. Forse non mi vedrà... Sento i suoi passi, si avvicina. Tengo il respiro, prima di qualunque cosa io possa sentire o vedere c'è lo sparo e poi tutto bianco e vuoto...
Tornano il nero e il pieno del mio corpo, integro, nello schifo del pollaio. Sono vivo. Apro gli occhi, il soldato è ancora chino su di me, non capisco se divertito o seccato. La pistola non era carica, è stata una detonazione senza proiettile. Sono vivo, ma ora...?
Questo è il terzo sogno del genere che faccio da quando sono tornato in Italia sei giorni fa. Mi sveglio con l'angoscia nel petto, sudore e respiro corto. Era solo un sogno, mi dico. Mi riaddormento. Mi risveglio. Sì, un sogno, ma per molti, per tanta gente che ho guardato in faccia, con cui ho parlato, con cui ho scambiato un'amicizia sincera e promesse di rivedersi, questo non è un sogno.
Un mese tra Palestina e Israele e l'occupazione militare -questo folle totalitarismo delle armi, della violenza e dell'arbitrio- ha stampato nella mia psiche immagini che fanno fatica a sparire. Per quello che ho visto, quello che ho percepito, quello che mi hanno raccontato e mostrato, per come sono stato trattato io stesso.
Cosa si stampa nella mente, nel cuore, nel corpo, nel destino, di chi, come Majd, come Salah, come Mustafa, è nato in un campo profughi, discendente di 3 o 4 generazioni di nati in campi profughi, dove i concetti di diritti umani, legalità, rispetto della vita umana, non hanno alcun senso?
Vorrei dire qualcosa di finale, provvisoriamente conclusivo, al termine di questo viaggio. Vorrei avere un'illuminazione che mi permettesse di dire in 10 righe semplici e chiare tutte le cose che ho visto, conosciuto, scoperto, compreso.
Non sarà semplice. Sospetto che non sarà una passeggiata dire le cose forti che ora penso senza essere immediatamente accusato di cose tipo "antisemitismo"...
Ah... prima un aggiornamento su Bil’in, per chi si fosse preso a cuore la vicenda della manifestazione contro il muro.
Il 29 agosto, il giorno dopo la mia visita, 2 giorni dopo la visita di Jimmy Carter che ha definito la situazione palestinese un "apartheid", alle 3:30 di notte l’esercito israeliano ha fatto uno dei suoi raid. Ci sono andati piano perché il paese è pieno di internazionali pronta a documentare. Infatti c’è un video su YouTube: http://www.youtube.com/watch?v=KI12qJKoCAw
Hanno arrestato due persone. Probabilmente due ragazzi di quelli che tiravano pietre. Infatti (e lo si vede da altri video sempre su you tube del 28/08) i soldati fanno foto alle persone durante le manifestazioni, poi le vanno a prendere. L’ho visto fare anche a Gerusalemme alla manifestazione pacifica e festosa contro gli sfratti delle famiglie palestinesi. E ora capisco perché si sono incazzati tutti così tanto quando il soldato ha tirato fuori la macchina fotografica e ha fotografato una donna che ballava davanti a lui, con aria sì provocatoria, ma certo innocua!
Per chi ha lo stomaco forte c’è a disposizione sui youtube anche il video dell’uccisione di Bassem, nell’aprile scorso, di cui parlavo nel mio appunto su Bil’in. E’ piuttosto shockante... ma è vero. Quindi vi consiglio di guardarlo: http://www.youtube.com/watch?v=U41r2oSb21A
Ok, basta con Bil’in: ritorno al mio discorso.
Ripensando alla Palestina da qui...
[...]
HO ELIMINATO IL SEGUITO DI QUESTO APPUNTO DAL BLOG, CON LE RIFLESSIONI A POSTERIORI SULLA SITUAZIONE PALESTINESE E ISRAELIANA. MI SEMBRAVANO TROPPO DIVERSE DALLO SPIRITO DEL DIARIO DI VIAGGIO COME E' STATO FIN QUI. CHI FOSSE INTERESSATO A LEGGERLE PUO' INVIARMI UNA EMAIL ALL'INDIRIZZO carlocuppini@gmail.com.
BUONA VITA A TUTTI
30/08 - Pasolini a At-Tuwani
A Tuwani ci arrivo cambiando 5 pulmini-taxi. E` un villaggio nell`estremo sud dei territori palestinesi: 300 abitanti, molti bambini, unica forma di sostentamento la pastorizia.
Arrivando penso che se Pasolini, durante il suo sopralluogo in Palestina fosse arrivato in questi posti desertici e dimenticati avrebbe girato qui il Vangelo. C`e` effettivamente anche una certa somiglianza con MAtera dove il Vangelo e` stato poi girato. Le abitazioni sono un misto di costruzioni in pietra, buchi nelle rocce, recinti di legno, e recentemente l`aggiunta di strutture in cemento fatte in casa da uomini e bambini di tutte le eta`.
Non c`e` acqua corrente: c`e` un pozzo aperto su una falda acquifera. Regoplarmente viene anche un`autocisterna dell`ACF (aziona contro la fame, della Comunita` Europea) che riempie le cisterne delle singole abitazioni, assicurtando un po` d`acqua per qualche giorno. Non c`e` collegamento alla rete elettrica. L`energia viene prodotta in paese con un genaratore a banzina, e distribuita in tutte le case per 4 ore al giorno, di sera. Allora vanno le lavatrici e l`unico grande frigo nell`unico piccolo negozio del paese viene mandato a tutta birra per avere qualche ora di fresco in cui tutti mettono gli eventuali avanzi di cibo.
Sulla collina accanto a dove sorgono le 20 case di Tuwani, a circa 200 metri, c`e` una bella colonia, abbastanza nuova, ordinata e rileccata come un villaggio di bassa montagna. Accanto alla colonia c`e` un grazioso boschetto, un rioseto, un frutteto, tutti creati artificialmente pompando a ritmi forzati l`acqua fuori dalla falda acquifera, con il risulatato che ora e` praticamente prosciugata. Se non piove entro un mese la gente di Tuwani se la passera` male. D`altra parte, secondo gli accordi di Oslo (1993) i palestinesi non possono scavare possi piu` in profondita` di 27 metri, neanche nel "loro" territorio. Qui siamo nel "loro" territorio, quello che dovrebbe diventare a tutti gli effetti Stato Palestinese. Pero`, anche questa terra, come la maggior parte, e` considerata "zona C", cioe` sotto completo controllo militare, civile e soprattutto urbanistico e edile di Israele. E` questo lo Stato che ormai anche la destra israeliana e` disposta a concedere sotto le pressioni di Obama: uno Stato controllato in tutti gli aspetti della vita dei suoi cittadini da un altro stato. Poi qualcuno ricorda Arafat come "l`uomo che non volle la pace", quando si rifiuto` all`ultimo di fiurmare gli accordi coni Barak...
Ma torniamo a noi... niente acqua, insomma. Ne facciamo le spese io e i miei ospiti quando non posso tirare l`acqua dopo avere fatto la cacca. L`acqua della cisterna e` finita stamattina e non si sa quando tornera` l`autocisterna. Con un po` di fortuna stasera o domani.
Per quello che riguarda la corrente elettrica, Tony Blair, inviato speciale del Quartetto in Palestina, e` stato qui qualche mese fa e ha detto che Tuwani ha il diritto di prosperare e svilupparsi, o almeno superare la soglia della miseria. Il che era un invito al governo israeliano a non impedire la costruzione di infrastrutture.
Pochi giorni dopo l`Autorita` Palestinese ha iniziato a piantare i piloni per collegare il paese alla rete lettrica "nazionale". Al quinto o sesto pilone piantato sono arrivati i bildozzer israeliani con un ordine di demolizione. C`e` poco da fare, decidono loro, e niente li vincola a fornire spiegazioni. Quindi e` tutto fermo.
La visione dall`alto della collina e` istruttiva: immaginate: si vede il paese con le frotte di bambini muccicosi e polverosi che scorrazza tra case e pecore e detriti; piu` in la` la colonia infiocchettata e il boschetto. Sotto, a scendere, la stradina scassata dei palestinesi con i piloni interrotti. La stradina incrocia la grande strada "by pass road" che collega le colonie tra loro e al territorio dello Stato di Israele. Le by pass road sono precluse alla circolazione di automobili non immatricolate in Israele... cioe` ai Palestinesi! Le by pass road formano una fittissima rete che spezzetta tutto l`1ipotetico Stato Palestinese isolandone le aree e rendendo impossibile il movimento libero delle persone. Questa strada e` ben dotata di lampioni collegati alla rete eletrtica israeliana; e su ogni lampione di sono due bandierine israeliane. Questo e` il nascente Stato Palestinese, signori!
Ma lasciatemi andare avanti, non e` qui che volevo arrivare.
La fiorente colonia, come tutte le colonie, e` considerata illegale dalla comunita` internaizonale (secondo il diritto internaizonale) ma sono riconosciute, sostenute, incentivate e difese dallo Stato di Israele. Accanto alla colonia, dentro il boschetto, e` nato da qualche anno un avamposto. L`"avamposto e` un`estensione della colonia talmente illegale da essere considerato illegale anche da Israele. Esiste un ordine di demolizione delle costruizioni dei coloni che non e` mai stato preso in considerazione da nessuno. L`avamposto e` praticamente confinante con le case piu` esterne del villaggio di Tuwani. E tra la colonia e l`avamposto passa una stradina sterrata che collega Tuwani a un altro villaggio ancora piu` piccolo, Tuba.
A Tuwani c`e` la scuola (anche su questa pende un ordine di demolizione, perche` Israele non ha mai accordato il permesso per la costruzione di un scuola: loro l`hanno costruita lo stesso ed e` ancora in piedi; non lo stesso per la moschea, che invece e` stata demolita; poi ancora abusivamente, ricostruita... ma di questo passo aprendo parentesi su ogni cosa che merita di essere raccontata non arrivero` mai al nucleo del mio discorso!)
Insomma: i 15-20 bambini di Tuba vanno a scuola a Tuwani, ok?
I coloni e gli abitanti dell`avamposto nel 2002 hanno iniziato a insultare, aggredire e pestare questi bambini tra i 6 e i 10 anni, ok?
Gli abitanti dfi Tuba e di Tuwani hanno scelto attivamente una strategia non violenta: niente pietre, niente intifada: legge, diritto, osservatori internaizonali. Anche perche` a quanto pare questi coloni sono della specie peggiore: i nazionalisti religiosi, assai piu` iuncattiviti dei pur temibili ultraortodossi, che delirano 24 ore su 24 sul revival contemporaneo della Torah ma non riconoscono lo Stato di Israele.
Insomma, dopo queste aggressioni a Tuwani ci sono due associaizoni di osservatori internaizonali: una italiana, Operazione Colomba, e una americana, Cristian Peacemaker Team. Questa decina di persone va tutto il giorno in giro a scortare i bambini e i pastori armati di telecamere, e appena si intreavedono i coloni cominciano a registrare tutto. Su you tube ci sono un po` di video.
Nel 2004 pero` e` accaduto che i coloni aggredissero questo gruppo di persone e ferissero abbastanza gravemente un americano che stava riprendendo. Allora lo scandalo e` arrivato alla Knesset (parlamento israleiano) che ha deciso che questi coloni esuberanti effettivamente vanno tenuti un po` a freno. Quindi da 5 anni i bambini di Tuba vengono scortati quotidianamente da due soldati israeliani su una geep da casa a scuola. I soldati israeliani difendono i bambini palestinesi dai coloni israeliani. Ma intanto l`avamposto e` sempre li`, e nessu israeliano e` stato inquisito per violenze, percosse, minacce e intimidazioni. Poi il pomeriggio, capita che quei bambini vedano gli stessi soldati che li hanno gelntilmente scortati la mattina irrompere in casa propria e percuotere e minacciare il padre e il fratello, intimandogli di non portare le pecore a pascolare in un terreno visibile dalla colonia, perche` questa e` una provocazione che fa "innervosire" i coloni. Anche se quella e` terra di proprieta` del pastore? Anche se quella e` terra di proprieta` del pastore.
Che volete che vi dica?
in cima alla collina sassosa c`e` un albero secolare e io Davide e Corrado di Operazione Colomba ci sediamo a meditare. Si osserva un paesaggio merravigliosoe mmiracoloso da qui. Il vento spazza la polvere e passa tra le fronde e sulla pelle.
Come loro usanza quotidiana, condividiamo una lettura e una riflessione su una pagina del Vangelo.
Arrivando penso che se Pasolini, durante il suo sopralluogo in Palestina fosse arrivato in questi posti desertici e dimenticati avrebbe girato qui il Vangelo. C`e` effettivamente anche una certa somiglianza con MAtera dove il Vangelo e` stato poi girato. Le abitazioni sono un misto di costruzioni in pietra, buchi nelle rocce, recinti di legno, e recentemente l`aggiunta di strutture in cemento fatte in casa da uomini e bambini di tutte le eta`.
Non c`e` acqua corrente: c`e` un pozzo aperto su una falda acquifera. Regoplarmente viene anche un`autocisterna dell`ACF (aziona contro la fame, della Comunita` Europea) che riempie le cisterne delle singole abitazioni, assicurtando un po` d`acqua per qualche giorno. Non c`e` collegamento alla rete elettrica. L`energia viene prodotta in paese con un genaratore a banzina, e distribuita in tutte le case per 4 ore al giorno, di sera. Allora vanno le lavatrici e l`unico grande frigo nell`unico piccolo negozio del paese viene mandato a tutta birra per avere qualche ora di fresco in cui tutti mettono gli eventuali avanzi di cibo.
Sulla collina accanto a dove sorgono le 20 case di Tuwani, a circa 200 metri, c`e` una bella colonia, abbastanza nuova, ordinata e rileccata come un villaggio di bassa montagna. Accanto alla colonia c`e` un grazioso boschetto, un rioseto, un frutteto, tutti creati artificialmente pompando a ritmi forzati l`acqua fuori dalla falda acquifera, con il risulatato che ora e` praticamente prosciugata. Se non piove entro un mese la gente di Tuwani se la passera` male. D`altra parte, secondo gli accordi di Oslo (1993) i palestinesi non possono scavare possi piu` in profondita` di 27 metri, neanche nel "loro" territorio. Qui siamo nel "loro" territorio, quello che dovrebbe diventare a tutti gli effetti Stato Palestinese. Pero`, anche questa terra, come la maggior parte, e` considerata "zona C", cioe` sotto completo controllo militare, civile e soprattutto urbanistico e edile di Israele. E` questo lo Stato che ormai anche la destra israeliana e` disposta a concedere sotto le pressioni di Obama: uno Stato controllato in tutti gli aspetti della vita dei suoi cittadini da un altro stato. Poi qualcuno ricorda Arafat come "l`uomo che non volle la pace", quando si rifiuto` all`ultimo di fiurmare gli accordi coni Barak...
Ma torniamo a noi... niente acqua, insomma. Ne facciamo le spese io e i miei ospiti quando non posso tirare l`acqua dopo avere fatto la cacca. L`acqua della cisterna e` finita stamattina e non si sa quando tornera` l`autocisterna. Con un po` di fortuna stasera o domani.
Per quello che riguarda la corrente elettrica, Tony Blair, inviato speciale del Quartetto in Palestina, e` stato qui qualche mese fa e ha detto che Tuwani ha il diritto di prosperare e svilupparsi, o almeno superare la soglia della miseria. Il che era un invito al governo israeliano a non impedire la costruzione di infrastrutture.
Pochi giorni dopo l`Autorita` Palestinese ha iniziato a piantare i piloni per collegare il paese alla rete lettrica "nazionale". Al quinto o sesto pilone piantato sono arrivati i bildozzer israeliani con un ordine di demolizione. C`e` poco da fare, decidono loro, e niente li vincola a fornire spiegazioni. Quindi e` tutto fermo.
La visione dall`alto della collina e` istruttiva: immaginate: si vede il paese con le frotte di bambini muccicosi e polverosi che scorrazza tra case e pecore e detriti; piu` in la` la colonia infiocchettata e il boschetto. Sotto, a scendere, la stradina scassata dei palestinesi con i piloni interrotti. La stradina incrocia la grande strada "by pass road" che collega le colonie tra loro e al territorio dello Stato di Israele. Le by pass road sono precluse alla circolazione di automobili non immatricolate in Israele... cioe` ai Palestinesi! Le by pass road formano una fittissima rete che spezzetta tutto l`1ipotetico Stato Palestinese isolandone le aree e rendendo impossibile il movimento libero delle persone. Questa strada e` ben dotata di lampioni collegati alla rete eletrtica israeliana; e su ogni lampione di sono due bandierine israeliane. Questo e` il nascente Stato Palestinese, signori!
Ma lasciatemi andare avanti, non e` qui che volevo arrivare.
La fiorente colonia, come tutte le colonie, e` considerata illegale dalla comunita` internaizonale (secondo il diritto internaizonale) ma sono riconosciute, sostenute, incentivate e difese dallo Stato di Israele. Accanto alla colonia, dentro il boschetto, e` nato da qualche anno un avamposto. L`"avamposto e` un`estensione della colonia talmente illegale da essere considerato illegale anche da Israele. Esiste un ordine di demolizione delle costruizioni dei coloni che non e` mai stato preso in considerazione da nessuno. L`avamposto e` praticamente confinante con le case piu` esterne del villaggio di Tuwani. E tra la colonia e l`avamposto passa una stradina sterrata che collega Tuwani a un altro villaggio ancora piu` piccolo, Tuba.
A Tuwani c`e` la scuola (anche su questa pende un ordine di demolizione, perche` Israele non ha mai accordato il permesso per la costruzione di un scuola: loro l`hanno costruita lo stesso ed e` ancora in piedi; non lo stesso per la moschea, che invece e` stata demolita; poi ancora abusivamente, ricostruita... ma di questo passo aprendo parentesi su ogni cosa che merita di essere raccontata non arrivero` mai al nucleo del mio discorso!)
Insomma: i 15-20 bambini di Tuba vanno a scuola a Tuwani, ok?
I coloni e gli abitanti dell`avamposto nel 2002 hanno iniziato a insultare, aggredire e pestare questi bambini tra i 6 e i 10 anni, ok?
Gli abitanti dfi Tuba e di Tuwani hanno scelto attivamente una strategia non violenta: niente pietre, niente intifada: legge, diritto, osservatori internaizonali. Anche perche` a quanto pare questi coloni sono della specie peggiore: i nazionalisti religiosi, assai piu` iuncattiviti dei pur temibili ultraortodossi, che delirano 24 ore su 24 sul revival contemporaneo della Torah ma non riconoscono lo Stato di Israele.
Insomma, dopo queste aggressioni a Tuwani ci sono due associaizoni di osservatori internaizonali: una italiana, Operazione Colomba, e una americana, Cristian Peacemaker Team. Questa decina di persone va tutto il giorno in giro a scortare i bambini e i pastori armati di telecamere, e appena si intreavedono i coloni cominciano a registrare tutto. Su you tube ci sono un po` di video.
Nel 2004 pero` e` accaduto che i coloni aggredissero questo gruppo di persone e ferissero abbastanza gravemente un americano che stava riprendendo. Allora lo scandalo e` arrivato alla Knesset (parlamento israleiano) che ha deciso che questi coloni esuberanti effettivamente vanno tenuti un po` a freno. Quindi da 5 anni i bambini di Tuba vengono scortati quotidianamente da due soldati israeliani su una geep da casa a scuola. I soldati israeliani difendono i bambini palestinesi dai coloni israeliani. Ma intanto l`avamposto e` sempre li`, e nessu israeliano e` stato inquisito per violenze, percosse, minacce e intimidazioni. Poi il pomeriggio, capita che quei bambini vedano gli stessi soldati che li hanno gelntilmente scortati la mattina irrompere in casa propria e percuotere e minacciare il padre e il fratello, intimandogli di non portare le pecore a pascolare in un terreno visibile dalla colonia, perche` questa e` una provocazione che fa "innervosire" i coloni. Anche se quella e` terra di proprieta` del pastore? Anche se quella e` terra di proprieta` del pastore.
Che volete che vi dica?
in cima alla collina sassosa c`e` un albero secolare e io Davide e Corrado di Operazione Colomba ci sediamo a meditare. Si osserva un paesaggio merravigliosoe mmiracoloso da qui. Il vento spazza la polvere e passa tra le fronde e sulla pelle.
Come loro usanza quotidiana, condividiamo una lettura e una riflessione su una pagina del Vangelo.
27/08 Bil`in - intifada
Ieri a Bil`in c`erano Jimmy Carter, Fernando Cardoso e gli altri ex presidenti del gruppo "The Elder". Carter ha detto che la situazione palestinese e` un nuovo apartheid.
Arrivo a Bil`in verso le 12, poco prima dell`inizio della manifestazione settimanale contro la costruzione del muro dell`apartheid. Oggi c`e` qui tutta la dirigenza del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, tranne il leader Sa`dat, catturato dagli israeliani un paio di anni fa e tutt`ora in carcere. E` il partito piu` laico, fondato da George Habbash, cristiano e comunista, incentrato sul diritto di ritorno di tutti i profughi palestinesi, dal `48 in poi.
Bil`in e` un piccolo villaggio sperduto verso il "confine" tra i due "Stati". La costruzione del muro, qui al momento rappresentato da una rete provvisoria, lo ha strangolato e separato dalla sue terre, automaticamente quanto illegalmente annesse de facto ai territori israeliani.
Qui da 4 anni, tutti i venerdi`, la gente del villaggio esce in un corteo di protesta pacifico che culmina davanti alla rete. I soldati li aspettano dall`altra parte. E` un appuntamento fisso. Anche il copione sembra essere sempre lo stesso a quanto mi dicono. Dopo dieci minuti di slogan e atti simbolici i militari attaccano con lacrimogeni, acqua acida, a volte proiettili di gomma e ci vanno giu` pesante.
Mi avevano avvertito del "pesante", si, ma non credevo COSI` TANTO...
Sono qui per manifestare con questa gente ed esprimere loro la mia solidarieta`, oltre che pre vedere con i miei occhi cio` che si dice. Ci sono diversi "internazionali", oltre a me. Voglio vedere bene, la curiosita` supera la cautela e mi trovo in mezzo, piuttosto avanti, davanti alla rete, con uomini, donne, anziani, bambini, armato di macchina fotografica, e piu` o meno pronto a tutto. Ci sono due ragazzi in sedia a rotelle. In tutto saremo una cinquantina.
I primi che arrivano attaccano alla rete delle bandiere israeliane e del FPLP. Basta questo per far partire la prima scarica di lacrimogeni: una ventina insieme, che arrivano da due postazioni diverse ed esplodono davanti e dietro a noi. Corriamo tutti indietro, ma anche dietro c`e` un muro di gas. Allora giu` nel fosso a lato della strada, unica via percorribile. Ma il vento tira proprio in quella direzione, ed e` un inferno. I polmoni stanno collassando e non vedo la fine del fumo. Brucia da morire e sento che i polmoni stanno per smettere di funzionare. Lotto contro il panico. Vedo gente nelle mie stesse condizioni. Non vedo quasi niente, in realta`. Lascio guardare la camera, accesa. E` un fuggi fuggi. Per un attimo mi chiedo che ne sara` dei due in carrozzella, e degli anziani, ma il dolore e la paura di non farcela sono troppo forti, e penso solo a me stesso. Devo stare in piedi, non perdere i sensi.
Poi miracolosamente il gas comincia a diradarsi. Riacquisto la vista piano piano, e soprattutto il respiro. Gente ovunque che annaspa per non lasciarsi andare a terra. Aggrappati a un ramo, a un bastone. L`uno all`altro. Altri invece sono a terra che si contorcono, altri immobili, rannicchiati. Arriva l`ambulanza. Soccorrono alcune persone. Una ragazza ha un blocco respiratorio e una crisi di panico. La caricano, la attaccano al respiratore.
E` stato tutto rapidissimo.
Tutto sembrerebbe gia` finito, siamo stati sbaragliati, messi in fuga come topi nel giro di 2 minuti. Invece il gruppo si ricompatta in pochi minuti, spontaneamente. Anche io torno ad avvicinarmi cautamente. E` proprio il dolore, l`adrenalina, la sproporzione, che ci spingono a ricompattarci al di la` della paura di un nuovo attacco. Che non tarda ad arrivare.
Alcuni ragazzi cominciano a tirare pietre al di la` della rete. Ecco i fischi dei lascrimogeni. Stessa scena di prima, forse peggio. Corro come un pazzo questa volta e riesco a stare fuori dall`espansione della nube. Mi volto e riprendo tutto. Gente che esce dal fumo stremata dal tentativo di continuare a respirare. Sbuca una donna sulla cinquantina, boccheggia, appena e` fuori dal gas crolla per terra, davanti ai miei piedi. Resto esterrefatto e impietrito. Come un idiota continuo a riprendere il suo corpo. Arriva gente, l`ambulanza, la caricano e la attaccano al respiratore. L`ambulanza schizza via.
Una quindicina di ragazzi tra i 15 e i 20 tirano pietre con la fionda. Se la cavano bene con la fionda, fanno dei gran lanci. Non molto efficaci pero`. L`unico "successo" e` rappresentato da una pietra che colpisce una delle camionette con cui i militari sparano i lacrimogeni. La gente esulta, e` un successo puramente simbolico, ma e` ovvio che questo e` il massimo a cui questa gente puo` aspirare.
A ogni pietra partono diversi lacrimogeni.
Va avanti per un`ora. Poi il grosso del gruppo di ritira su una collina arretrata. Restano i ragazzi che lanciano le pietre. A questo punto i soldati non si fanno piu` scrupoli (se mai se ne sono fatti) e sparano i colpi rasoterra, ad altezza d`uomo, direttamente contro questi ragazzi. E` in questo modo che 3 mesi fa e` stato ucciso Bassam, il leader e ideatore di questa quadriennale protesta: colpito in pieno petto da un lacrimogeno.
Guardiamo la battaglia da lontano. I ragazzi tirano decine di pietre, e allo stesso tempo saltano per schivare i lacrimogeni-proiettili. Ed e` una ben strana danza.
Non e` finita. Qualcuno urla "Ambulanza!". Dei ragazzi corrono indietro reggendo un altro ragazzo a braccia aperte, che non da segni di vita. Non capisco se e` stato colpito o ha perso i sensi per un blocco respiratorio. L`ambulanza lo carica e schizza via.
Mi sono spinto di nuovo un po` avanti. Un altro ragazzo mi afferra per un braccio e si mette a correre indietro trascinandomi. Non capisco, guardo indietro: il cannone ad acqua sta sparando l`acqua acida. Arrivano delle goccioline, portate dal vento, anche cosi` lontano. Le sento bene negli occhi nei polmoni e sulla pelle.
Una volta fuori pericolo, lui non mi lascia ancora il braccio. Mi guarda negli occhi. Dice:" This is Israel. This is the occupation. Welcome in Palestine"
Arrivo a Bil`in verso le 12, poco prima dell`inizio della manifestazione settimanale contro la costruzione del muro dell`apartheid. Oggi c`e` qui tutta la dirigenza del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, tranne il leader Sa`dat, catturato dagli israeliani un paio di anni fa e tutt`ora in carcere. E` il partito piu` laico, fondato da George Habbash, cristiano e comunista, incentrato sul diritto di ritorno di tutti i profughi palestinesi, dal `48 in poi.
Bil`in e` un piccolo villaggio sperduto verso il "confine" tra i due "Stati". La costruzione del muro, qui al momento rappresentato da una rete provvisoria, lo ha strangolato e separato dalla sue terre, automaticamente quanto illegalmente annesse de facto ai territori israeliani.
Qui da 4 anni, tutti i venerdi`, la gente del villaggio esce in un corteo di protesta pacifico che culmina davanti alla rete. I soldati li aspettano dall`altra parte. E` un appuntamento fisso. Anche il copione sembra essere sempre lo stesso a quanto mi dicono. Dopo dieci minuti di slogan e atti simbolici i militari attaccano con lacrimogeni, acqua acida, a volte proiettili di gomma e ci vanno giu` pesante.
Mi avevano avvertito del "pesante", si, ma non credevo COSI` TANTO...
Sono qui per manifestare con questa gente ed esprimere loro la mia solidarieta`, oltre che pre vedere con i miei occhi cio` che si dice. Ci sono diversi "internazionali", oltre a me. Voglio vedere bene, la curiosita` supera la cautela e mi trovo in mezzo, piuttosto avanti, davanti alla rete, con uomini, donne, anziani, bambini, armato di macchina fotografica, e piu` o meno pronto a tutto. Ci sono due ragazzi in sedia a rotelle. In tutto saremo una cinquantina.
I primi che arrivano attaccano alla rete delle bandiere israeliane e del FPLP. Basta questo per far partire la prima scarica di lacrimogeni: una ventina insieme, che arrivano da due postazioni diverse ed esplodono davanti e dietro a noi. Corriamo tutti indietro, ma anche dietro c`e` un muro di gas. Allora giu` nel fosso a lato della strada, unica via percorribile. Ma il vento tira proprio in quella direzione, ed e` un inferno. I polmoni stanno collassando e non vedo la fine del fumo. Brucia da morire e sento che i polmoni stanno per smettere di funzionare. Lotto contro il panico. Vedo gente nelle mie stesse condizioni. Non vedo quasi niente, in realta`. Lascio guardare la camera, accesa. E` un fuggi fuggi. Per un attimo mi chiedo che ne sara` dei due in carrozzella, e degli anziani, ma il dolore e la paura di non farcela sono troppo forti, e penso solo a me stesso. Devo stare in piedi, non perdere i sensi.
Poi miracolosamente il gas comincia a diradarsi. Riacquisto la vista piano piano, e soprattutto il respiro. Gente ovunque che annaspa per non lasciarsi andare a terra. Aggrappati a un ramo, a un bastone. L`uno all`altro. Altri invece sono a terra che si contorcono, altri immobili, rannicchiati. Arriva l`ambulanza. Soccorrono alcune persone. Una ragazza ha un blocco respiratorio e una crisi di panico. La caricano, la attaccano al respiratore.
E` stato tutto rapidissimo.
Tutto sembrerebbe gia` finito, siamo stati sbaragliati, messi in fuga come topi nel giro di 2 minuti. Invece il gruppo si ricompatta in pochi minuti, spontaneamente. Anche io torno ad avvicinarmi cautamente. E` proprio il dolore, l`adrenalina, la sproporzione, che ci spingono a ricompattarci al di la` della paura di un nuovo attacco. Che non tarda ad arrivare.
Alcuni ragazzi cominciano a tirare pietre al di la` della rete. Ecco i fischi dei lascrimogeni. Stessa scena di prima, forse peggio. Corro come un pazzo questa volta e riesco a stare fuori dall`espansione della nube. Mi volto e riprendo tutto. Gente che esce dal fumo stremata dal tentativo di continuare a respirare. Sbuca una donna sulla cinquantina, boccheggia, appena e` fuori dal gas crolla per terra, davanti ai miei piedi. Resto esterrefatto e impietrito. Come un idiota continuo a riprendere il suo corpo. Arriva gente, l`ambulanza, la caricano e la attaccano al respiratore. L`ambulanza schizza via.
Una quindicina di ragazzi tra i 15 e i 20 tirano pietre con la fionda. Se la cavano bene con la fionda, fanno dei gran lanci. Non molto efficaci pero`. L`unico "successo" e` rappresentato da una pietra che colpisce una delle camionette con cui i militari sparano i lacrimogeni. La gente esulta, e` un successo puramente simbolico, ma e` ovvio che questo e` il massimo a cui questa gente puo` aspirare.
A ogni pietra partono diversi lacrimogeni.
Va avanti per un`ora. Poi il grosso del gruppo di ritira su una collina arretrata. Restano i ragazzi che lanciano le pietre. A questo punto i soldati non si fanno piu` scrupoli (se mai se ne sono fatti) e sparano i colpi rasoterra, ad altezza d`uomo, direttamente contro questi ragazzi. E` in questo modo che 3 mesi fa e` stato ucciso Bassam, il leader e ideatore di questa quadriennale protesta: colpito in pieno petto da un lacrimogeno.
Guardiamo la battaglia da lontano. I ragazzi tirano decine di pietre, e allo stesso tempo saltano per schivare i lacrimogeni-proiettili. Ed e` una ben strana danza.
Non e` finita. Qualcuno urla "Ambulanza!". Dei ragazzi corrono indietro reggendo un altro ragazzo a braccia aperte, che non da segni di vita. Non capisco se e` stato colpito o ha perso i sensi per un blocco respiratorio. L`ambulanza lo carica e schizza via.
Mi sono spinto di nuovo un po` avanti. Un altro ragazzo mi afferra per un braccio e si mette a correre indietro trascinandomi. Non capisco, guardo indietro: il cannone ad acqua sta sparando l`acqua acida. Arrivano delle goccioline, portate dal vento, anche cosi` lontano. Le sento bene negli occhi nei polmoni e sulla pelle.
Una volta fuori pericolo, lui non mi lascia ancora il braccio. Mi guarda negli occhi. Dice:" This is Israel. This is the occupation. Welcome in Palestine"
danse macabre
sotto il muro del pianto... tutti insieme... allegramente... alcuni con il mitra al collo... in cerchio come i boy scout... cantando come ragazzi in gita... la nazione è unita... la nazione è forte... la nazione composta da 7 milioni di abitanti ha il 4° esercito più potente del mondo... la nazione non ha firmato il trattato di non proliferazione nucleare... la nazione è paranica perchè sa di essere nel torto (e che torto)... ma la nazione non ha paura perché è forte e sa cosa vuol dire "impunità garantita"...
muri del pianto
la terra santa
Cari amici,
ho iniziato a scrivere questi appunti con un certo piglio ironico, forse anche per farmi coraggio e tenere alto il morale, intuendo quello verso cui andavo incontro.
Dopo 7 giorni in Cisgiordania, o in West Bank, come si dice nel linguaggio internazionale, io non posso piu` scherzare.
Sono stato nelle citta` di Betlemme, Hebron, Nablus, e nei campi profughi di Aida, Nablus, Deishe, Balata. In questi ultimi due ho dormito, nelle "case" di famiglie palestinesi. Ho conosciuto decine di persone, mi hanno accolto come una amico o un parente, abbiamo parlato a lungo. Mi hanno mostrato tutto. E tutto e` scritto sui muri, nelle strade, nei corpi, nei poster, nei volti, nelle foto. Incredulo e agghiacciato ho voluto incontrare rappresentatnti dell`Onu, della Croce Rossa, e delle varie forze di interposizione internazionale, di Ong palestinesi, israeliane, internazionali. Purtroppo da loro ho avuto solo conferme, che cio` che mi e` stato mostrato e raccontato da ragazzi e uomini in lacrime non era un`invenzione. Purtroppo e` tutto vero, e` tutto pubblicato da organismi ufficiali.
Ho visto queste famiglie numerose, questi ragazzi, uomini e donne, vecchi, bambini, schiacciati come topi o scarafaggi; distrutti per sempre nella loro integrita` umana; massacrati fisicamente, moralmente, e psichicamente.
Ho visto i campi profughi, 1 km quadrato di terreno dove abitano 25000 persone: capite il significato di questo rapporto? 10, 12 persone in "case" di 9 metri quadrati, 1 bagno all`aperto per 600 persone, 1 medico generico per 6000 persone. Non ci sono farmaci: tutte le malattie vengono "curate" con antibiotici e antidolorifici.
I profughi sono stati deportati dai loro villaggi dall`esercito israeliano nel `48 e buttati in Cisgiordania. Gli storici israeliani dicono che queste 700000 persone se ne sono "andate da sole". Anche se fosse cosi`, la cosa certa e`che finita la guerra Israele ha impedito a questa geste scappata dalla propria casa per scappare dalla guerra di tornare nelle loro case. Tutte le famiglie di profughi hanno appeso al muro una grossa chiave di ferro: e` la chiave di casa che nel 48 si sono portati appresso pensando che a fine guerra sarebbero tornati a casa. La risoluzione 194 dell`Onu, del 1949, a fine guerra, impone a Israele di permettere il rientro di tutti i profughi, secondo il diritto internazionale. Nessuno di loro ha piu` potuto fare ritorno, o rivedere anche solo per una volta la propria casa. Gia` nel 50 in quelle case abitavano ebrei immigrati. 194 e` un numero magico per tutti i palestinesi. E` il numero della catastrofe.
In 60 anni si sono susseguite ormai 5 generazioni all`interno dei campi profughi, la popolazione si e` qudruplicata. Ma i profughi hanno uno statuto giuridico speciale. Abitano in quello che Israele considera suo territorio, sottostanno alla giurisdizione israeliana, ma non hanno diritto di voto, non hanno diritto a lasciare il proprio campo a costo di perdere anche i pochi diritti che hanno in quanto profughi, in ogni caso non possono uscire la Cisgiordania.
Questi quadrati di terreno sono labirinti con "strade" larghe 50 o 70 cm, case in cemento spoglio alte 3 o 4 piani. non hanno il diritto di costrutire fuori dal campo: per fare spazio alle nuove famiglie devono andare verso l`alto. i bambini giocano in slarghi di 2 metri per 3.
La popolazione e` talmente densa che ovunque abita, passa, sbuca, si incastra qualcuno: a Gaza c`e` la piu` alta densita` umana del pianeta. se hai una pistola in mano chiudi gli occhi e spari da qualche parte necessariamente ammazzi qualcuno. mi hanno raccontato di proiettili che hanno ucciso tre persone... un solo proiettile. Quando l`esercito fa operazioni "chirurgiche" per cercare questo o quel militante il significato e` questo:
una squadra di 10-14 soldati fa irruzione nel campo di notte. un soldato arabo impone il coprifuoco dicendo qualcosa tipo: " Chiudetevi in casa, tutto cio` che si muove in strada sara` colpito." C`e` un comandante adulto, e una dozzina di diciottenni armati di qualunque cosa. Le ore prima di andare in missione gli fanno fare un addestramento virtuale, un videogioco 3D in cui devono sparare a tutto cio` che si muove davanti a loro. Qando si trovano li sanno che devono correre in questo labirinto, non c`e` luce, hanno gli occhiali a infrarossi ma non vedono un cazzo, hanno paura di morire, sanno che li abitano solo terroristi e scarafaggi d`uomini, sono gia` abituati a sparare a palestinesi virtuali...
sparano a tutto cio` che si muove. la mattina dopo l`incursione in strada raccolgono carogne di cani, gatti, asini. A volte umani. Vecchi che escono per andare in bagno, una donna che corre a riprendere il bambino che e` scappato fuori di casa, l`infermiera che si sporge dalla porta per soccorrere un ferito.
Arrivano alla casa dove pensano si trovi la persona che cercano. non bussano per non rovinare l`effetto sorpresa: fanno saltare la porta con una bomba. ogni volta qualcuno dentro la casa resta ucciso semplicemtene da questa operazione. ho gia` detto che sono case di 9 metri quadrati.
entrano. se c`e` il comandante va meglio. se non c`e` il comandante i diciottenni fanno quello che vogliono.
al direttore del centro culturale del campo di Balata che ho incontrato e` andata cosi`: i soldati sono entrati in casa sua nel modo che ho descritto, sospettavano che lui potesse essere affiliato a qualche organizzazione combattente. Davanti a tutta la famiglia lo hanno insultato e picchiato a sangue. Hanno picchiato anche la madre e i figli piu` grandi. I figli piu` piccoli stavano a guardare. Lo hanno interrogato per ore, picchiandolo selvaggiamente. Poi lo hanno portato in carcere.
Nei mesi successivi hanno arrestato i 5 dei suoi figli piu` grandi. Il piu` piccolo quanche mese dopo e` andato a farsi esplodere a Tel Aviv.
Tutti questi bambini, ragazzi, hanno visto il proprio padre picchiato dentro casa senza motivi, per estorcere una confessione o un nome. Tutti hanno perso un cugino o un fratello. Ormai non fanno piu` prigionieri: quando cercano un combattente in un campo e lo trovano, lo uccidono, anche a sangue freddo. Non c`e` piu` posto nelle prigioni. Comunque l`impunita` e` garantita a tutti i soldati. Nessuno e` mai stato condannato per crimini di guerra, nonostante tutte le dichiarazioni internazionali e della corte penale internazionale. Sharon stesso era stato condannato dalla Corte Penale Internazionale come corresponsabile del massacro nei campi di Sabra e Chatila (3000 persone uccise a sangue freddo in una notte) ed e` diventato premier, e ha costruito il muro dell`apartheid, il quale a sua volta e` stato condannato dalla Corte Penale Internazionale. Ma Israele vive in un sogno. I coloni chiusi nei loro fortini, i fanatici sionisti-socialisti chiusi nei loro kibbutz, i giovani edonisti di Tel Aviv... nessuno sa quello che accade di qua.
Passando in varie citta Israeliane cerco di parlare con persone ebree:
"West Bank? cosa intendi?"
"I palkestinesi? be` sono solo qualche centinaio di migliaio di persone, potrebbero andare a vivere in Giordania e lasciarci inpace nella nostra terra"
"Non ho mai sentito parlare di palestinesi, colonie, west bank, fiche` non ho iniziato a fare l`universita`"
"In Israele non c`e` nessun problema, viviamo tutti in pace, ebrei e arabi. Pero` i palestinesi sono terroristi e vanno cacciati da Israele. Questa e` la nostra terra."
"I profughi" mi dispiace per loro ma non possono rientrare. E` il prezzo della guerra del `48."
"Due stati? E` impossibile. Netanyahu lo dice per tenere buono Obama ma invece stiamo continuando a costruire la colonie. Ci deve essere un unico stato ebraico."
Gli Israeliani non sono stati a Hebron. E` una delle citta` palestinesi piu` lontane dal territorio dello Stato di Israele, incuneata tra il Mar morto e il deserto del Negev a Sud.
E` una citta abitata solo da arabi, circa 15.000, ma dopo la guerra del `67 e` stata occupata da qualche centinaio di coloni ultraortodossi, subito seguiti dall`esercito israeliano che ha completamente militarizzato la citta`, espropriando case di arabi per fare basi militari e case di ebrei.
Ora la situaizone e` questa: 15.000 arabi (musulmani e cristiani), 700 ebrei, 2000 soldati israeliani che difendono i 600 ebrei. Il punto e` che qui c`e` la tomba di Abramo, venerato da tutti e tre i monoteismi.
La citta` e` stata spezzata in due da un muro, e decine di checkpoint. Gli ebrei hanno il loro quartiere-fortino inaccessibile a chiunque, nel cuore della citta`. Decine e dedcine di tetti sono presidiati da soldati che tendono il mitra puntato su chiunque si muova per strada, 24 ore su 24. Vorrei farvi vedere le foto, ma non posso caricarle. Sembra di essere in un film sul nazismo al contrario: bambini di 4 anni che corrono per strada e 30 metri piu` in su soldati che li seguono con il mirino del mitra. E` tutto nella mia scheda fotografica. Se riusciro` a farla arrivare in Italia...
A Hebron questi 600 ebrei hanno preso dimora nei piani alti degli edifici che si affacciano sul mercato arabo (con accessi ovviamente separati e militarizzati). Dalle finestre loro lanciano mattoni, blocchi di cemento, sedie, barre di ferro, sacchetti pieni di acido sulla gente che va al mercato. Gli abitanti hanno tirato lunghe reti metalliche a 3 metri da terra per impediure che questi oggetti colpiscano le centinaia di persone che ogni mattina affollano il mercato. Queste reti sono la memoria dell`odio e del crimine. Ci passo sotto e osservo tutto cio` che e` rimasto impigliato.
"Purtroppo la rete non serve a niente contro le barre metalliche, i sacchetti di acido e i blocchi di cemento che la sfondano".
Non puo` essere vero. Io sto guardando in faccia queste persone. Non puo` essere vero.
Vado a cercare l`Onu per strada. Voglio che mi dicano che non e` vero, che questi arabi bugiardi si sono inventati tutta questa messa in scena.
L`Onu qui e` rappresentato da una specifica squadra internazionale chiamata Tiph. E` stata formatada una decina d`anni dopo le suppliche della popolazione di avere una presenza internazionale. La Tiph ha potere soltanto di documentare, non puo` intervenire in nessun caso. Sono armati solo di macchina fotografica. Sono qualche decina di persone che girano per la citta` 24 ore su 24.
Ne incontro due: un anziano danese e una giovane svizzera. Li sommergo di domande.
E` tutto vero. Mi raccontano del loro lavoro. Della loro doppia frustrazione: primo perche` non possono intervenire. I membri italiani in particolare, spesso devono rinunciare, perche` vengono scelti tra il corpo di di polizia italiana, e quando assistono a un crimine e non possono intervenire vanno giu` di testa. Non sanno che cazzo farsene di quella macchina fotografica, e alcuni dopo qualche mese finiscono ad alcolizzarsi in qualche bar di cristiani che serve alcool.
Seconda frustrazione: i loro rapporti hanno valore "confidenziale", cioe` nullo, e non possono essere pubblicati. Pero` c`e` qualche video su You Tube, mi dicono, passato di straforo. Andate a cercare Hebron su you tube...
Nei campi quando va bene ci sono squadre di psicologi occidentali che lavorano sul trauma dei bambini che vedono i loro genitori ammazzati a sangue freddo davanti a loro. Quando va male non c`e` nessuno che si preoccupi di loro. Di queste decine di migliaia di bambini, alcuni impazziscono, sprofondano nella depressione e nella disperazione. Qualche centinaio tra questi diventeranno combattenti. Qualche decina tra questi diventeranno kamikaze. Con il massacro svolto dal 200 al 2007 e con la guerra di Gaza di quest`anno con i suoi 1400 morti in 20 giorni, israele si e` garantito la terza Intifada tra una decina d`anni, quando questi bambini avranno 15 o 16 anni. E non ci sara` autorita` Palestinese, o esercito Israeliano, o fornza intertnazioanel che potra` fermare un ragazzo che e` impazzito di disperazione e vuole soltanto uccidersi ed esprimere una volta per tutte il proprio trauma insuperabile, e soprattutto vendetta, pura, inutile, distruttiva vendetta. Allah centra ben poco con questo. Il Paradiso e` un pensiero secondario per questa gente che si fa esplodere. Questi sono gia` all`inferno e non contano di poterne mai uscire. Ne` in questa vita ne` in un altra.
"C`e` un punto di non ritorno nella vita delle persone. Al di la` di quel punto tutto puo` succedere. Gli Israeliani spingono continuamente le nuove generaizoni di palestinesi al di la` di quel punto." Mi dice il direttore di un altro centro culturale in un campo. "Siamo come topi. Il nostro problema piu` grande non e` come liberare la Palestina. Ma come non diventare pazzi. Come restare umani, di fronte a tutto questo."
Questo e` un genocidio che va avanti lentamente e inesorabilmetne da 60 anni, con una logica e una strategia calcolate a tavolino. L`obiettivo e` gia` stato raggiunto con la costruzione del muro di Sharon. Con il muro Israele ha di fatto annesso tutto quello che desiderava di questa terra: risorse natuirali, corsi, d`acqua, terreni fertili, luoghi sacri, colonie illegali, punti strategici. Tutto questo in quello che dalla comunita` internazionale viene considerato territorio del fantasmatico Stato Palestinese. Il muro si Sharon e` costruito interamente in territorio p[alestinese isolando una citta` dall`altra, attraverso sacche e rientranza fino quasi al Giordano in tutta l`estensione del territorio. Cio` che resta per lo Stato Palestinese e` un colabrodo di miseria e disperazione, che punteggia il fantastico mondo artificiale delle 400 colonie sparse ovunque.
Adesso si`, a partire da questo illegale status quo, anche la destra israeliana e` disposta a trattare per la "soluzione adue stati".
Amici, ora sono a Gerusalemme, oggi andro` a visitare le quattro famiglie palestinesi evacuate dalle loro case pochi giorni fa per insediare nella zona araba di Gerusalemme nuove fdamiglie ebree, con miserabili sotterfugi legali.
Venerdi` andro` a Bilin, vicino a Ramallah. Questo villaggio e` stato circondato per 3/4 dal muro, e la gente e` isolata dalle sue terre di proprieta`, chiuse dall`altra parte del muro e ora a disposizione dei coloni. Qui ogni venerdi, dal 2002, tutta la popolazione si reca davanti al muro a protesta pacificamente con aquiloni, slogan, sit in, contro l`apartheid. E` la piu` importante associazione pacifista palestinese. Ogni venerdi` dal 2002 l`esercito, dalle torrette di controllo, dopo 10 minuti di manifestazione, spara lacrimogeni e proiettili di gomma sulla folla...
Credevo che avrei trovato della spiritualita` in Terra Santa. Ma qui, a partire da Gerusalemme e` tutto cosi` saturo di un`umanita` avvelentata, perversa, impazzita, spofondata nel dolore o nell`odio, o nell`idiozia, che non c`e` posto per lo spirito.
Vorrei trovare un posto vuoto per chiedere persono a Dio per tutto questo, dato che nessuno e` capace di perdonare, o di chiedere scusa, o di riconoscere gli errori. E il primo errore, il peccato originale di tutta questa storia e` certamente il colonialismo europeo, la distruzione del mondo arabo dopo la prima guerra mondiale, la volonta di risolvere una volta per tutte il problema degli ebrei, e i propri sensi di colpa ingestibili, fuori casa.
Il solo cenno di spiritualita` che ho trovato fin`ora in questa terra, e` il sorriso, l`ospitalita` materna e fraterna, la dignita`, la forza morale, di queste persone distrutte dal dolore che mi hanno ospitato come un figlio, un fratello, un amico. E parlando, balbettando, interrotti dall`emergere della disperzione, la loro storia, mi chiedevano scusa perche` non volevano angoscarmi, ero un ospite, volevano che passassi una bella serata, cercavano di scherzare, di alleggerire...
"Scusa, ma non riesco a parlare d`altro, quando inizio non mi riesco a farmare, questa e` la mia vita, ho 23 anni, sono nato e cresciuto qui, sono anto senza niente e ho perso tutto, amici e parenti, e non potro` mai uscire da qui. Io faccio teatro nel campo, leggo poesia, lo conosci Darwish?, non posso perdere la cultura, l`arte, perche` se no divento una bestia, un animale fatto solo di odio, come loro mi vogliono far diventare."
Avro` per sempre un dolce e doloroso ricordo di te, Majd, del tuo viso scuro e leale, della tua voce di ragazzo, del tuo modo di prendere in giro il Ramadan fumando due sigarette alla volta, delle tue dita sottili e sensibili, della tua "casa" dove tua madre mi ha offerto il caffe`, delle decine di storie che mi hai raccontato, di tutte le tue cicatrici, amico mio, sadiq.
ho iniziato a scrivere questi appunti con un certo piglio ironico, forse anche per farmi coraggio e tenere alto il morale, intuendo quello verso cui andavo incontro.
Dopo 7 giorni in Cisgiordania, o in West Bank, come si dice nel linguaggio internazionale, io non posso piu` scherzare.
Sono stato nelle citta` di Betlemme, Hebron, Nablus, e nei campi profughi di Aida, Nablus, Deishe, Balata. In questi ultimi due ho dormito, nelle "case" di famiglie palestinesi. Ho conosciuto decine di persone, mi hanno accolto come una amico o un parente, abbiamo parlato a lungo. Mi hanno mostrato tutto. E tutto e` scritto sui muri, nelle strade, nei corpi, nei poster, nei volti, nelle foto. Incredulo e agghiacciato ho voluto incontrare rappresentatnti dell`Onu, della Croce Rossa, e delle varie forze di interposizione internazionale, di Ong palestinesi, israeliane, internazionali. Purtroppo da loro ho avuto solo conferme, che cio` che mi e` stato mostrato e raccontato da ragazzi e uomini in lacrime non era un`invenzione. Purtroppo e` tutto vero, e` tutto pubblicato da organismi ufficiali.
Ho visto queste famiglie numerose, questi ragazzi, uomini e donne, vecchi, bambini, schiacciati come topi o scarafaggi; distrutti per sempre nella loro integrita` umana; massacrati fisicamente, moralmente, e psichicamente.
Ho visto i campi profughi, 1 km quadrato di terreno dove abitano 25000 persone: capite il significato di questo rapporto? 10, 12 persone in "case" di 9 metri quadrati, 1 bagno all`aperto per 600 persone, 1 medico generico per 6000 persone. Non ci sono farmaci: tutte le malattie vengono "curate" con antibiotici e antidolorifici.
I profughi sono stati deportati dai loro villaggi dall`esercito israeliano nel `48 e buttati in Cisgiordania. Gli storici israeliani dicono che queste 700000 persone se ne sono "andate da sole". Anche se fosse cosi`, la cosa certa e`che finita la guerra Israele ha impedito a questa geste scappata dalla propria casa per scappare dalla guerra di tornare nelle loro case. Tutte le famiglie di profughi hanno appeso al muro una grossa chiave di ferro: e` la chiave di casa che nel 48 si sono portati appresso pensando che a fine guerra sarebbero tornati a casa. La risoluzione 194 dell`Onu, del 1949, a fine guerra, impone a Israele di permettere il rientro di tutti i profughi, secondo il diritto internazionale. Nessuno di loro ha piu` potuto fare ritorno, o rivedere anche solo per una volta la propria casa. Gia` nel 50 in quelle case abitavano ebrei immigrati. 194 e` un numero magico per tutti i palestinesi. E` il numero della catastrofe.
In 60 anni si sono susseguite ormai 5 generazioni all`interno dei campi profughi, la popolazione si e` qudruplicata. Ma i profughi hanno uno statuto giuridico speciale. Abitano in quello che Israele considera suo territorio, sottostanno alla giurisdizione israeliana, ma non hanno diritto di voto, non hanno diritto a lasciare il proprio campo a costo di perdere anche i pochi diritti che hanno in quanto profughi, in ogni caso non possono uscire la Cisgiordania.
Questi quadrati di terreno sono labirinti con "strade" larghe 50 o 70 cm, case in cemento spoglio alte 3 o 4 piani. non hanno il diritto di costrutire fuori dal campo: per fare spazio alle nuove famiglie devono andare verso l`alto. i bambini giocano in slarghi di 2 metri per 3.
La popolazione e` talmente densa che ovunque abita, passa, sbuca, si incastra qualcuno: a Gaza c`e` la piu` alta densita` umana del pianeta. se hai una pistola in mano chiudi gli occhi e spari da qualche parte necessariamente ammazzi qualcuno. mi hanno raccontato di proiettili che hanno ucciso tre persone... un solo proiettile. Quando l`esercito fa operazioni "chirurgiche" per cercare questo o quel militante il significato e` questo:
una squadra di 10-14 soldati fa irruzione nel campo di notte. un soldato arabo impone il coprifuoco dicendo qualcosa tipo: " Chiudetevi in casa, tutto cio` che si muove in strada sara` colpito." C`e` un comandante adulto, e una dozzina di diciottenni armati di qualunque cosa. Le ore prima di andare in missione gli fanno fare un addestramento virtuale, un videogioco 3D in cui devono sparare a tutto cio` che si muove davanti a loro. Qando si trovano li sanno che devono correre in questo labirinto, non c`e` luce, hanno gli occhiali a infrarossi ma non vedono un cazzo, hanno paura di morire, sanno che li abitano solo terroristi e scarafaggi d`uomini, sono gia` abituati a sparare a palestinesi virtuali...
sparano a tutto cio` che si muove. la mattina dopo l`incursione in strada raccolgono carogne di cani, gatti, asini. A volte umani. Vecchi che escono per andare in bagno, una donna che corre a riprendere il bambino che e` scappato fuori di casa, l`infermiera che si sporge dalla porta per soccorrere un ferito.
Arrivano alla casa dove pensano si trovi la persona che cercano. non bussano per non rovinare l`effetto sorpresa: fanno saltare la porta con una bomba. ogni volta qualcuno dentro la casa resta ucciso semplicemtene da questa operazione. ho gia` detto che sono case di 9 metri quadrati.
entrano. se c`e` il comandante va meglio. se non c`e` il comandante i diciottenni fanno quello che vogliono.
al direttore del centro culturale del campo di Balata che ho incontrato e` andata cosi`: i soldati sono entrati in casa sua nel modo che ho descritto, sospettavano che lui potesse essere affiliato a qualche organizzazione combattente. Davanti a tutta la famiglia lo hanno insultato e picchiato a sangue. Hanno picchiato anche la madre e i figli piu` grandi. I figli piu` piccoli stavano a guardare. Lo hanno interrogato per ore, picchiandolo selvaggiamente. Poi lo hanno portato in carcere.
Nei mesi successivi hanno arrestato i 5 dei suoi figli piu` grandi. Il piu` piccolo quanche mese dopo e` andato a farsi esplodere a Tel Aviv.
Tutti questi bambini, ragazzi, hanno visto il proprio padre picchiato dentro casa senza motivi, per estorcere una confessione o un nome. Tutti hanno perso un cugino o un fratello. Ormai non fanno piu` prigionieri: quando cercano un combattente in un campo e lo trovano, lo uccidono, anche a sangue freddo. Non c`e` piu` posto nelle prigioni. Comunque l`impunita` e` garantita a tutti i soldati. Nessuno e` mai stato condannato per crimini di guerra, nonostante tutte le dichiarazioni internazionali e della corte penale internazionale. Sharon stesso era stato condannato dalla Corte Penale Internazionale come corresponsabile del massacro nei campi di Sabra e Chatila (3000 persone uccise a sangue freddo in una notte) ed e` diventato premier, e ha costruito il muro dell`apartheid, il quale a sua volta e` stato condannato dalla Corte Penale Internazionale. Ma Israele vive in un sogno. I coloni chiusi nei loro fortini, i fanatici sionisti-socialisti chiusi nei loro kibbutz, i giovani edonisti di Tel Aviv... nessuno sa quello che accade di qua.
Passando in varie citta Israeliane cerco di parlare con persone ebree:
"West Bank? cosa intendi?"
"I palkestinesi? be` sono solo qualche centinaio di migliaio di persone, potrebbero andare a vivere in Giordania e lasciarci inpace nella nostra terra"
"Non ho mai sentito parlare di palestinesi, colonie, west bank, fiche` non ho iniziato a fare l`universita`"
"In Israele non c`e` nessun problema, viviamo tutti in pace, ebrei e arabi. Pero` i palestinesi sono terroristi e vanno cacciati da Israele. Questa e` la nostra terra."
"I profughi" mi dispiace per loro ma non possono rientrare. E` il prezzo della guerra del `48."
"Due stati? E` impossibile. Netanyahu lo dice per tenere buono Obama ma invece stiamo continuando a costruire la colonie. Ci deve essere un unico stato ebraico."
Gli Israeliani non sono stati a Hebron. E` una delle citta` palestinesi piu` lontane dal territorio dello Stato di Israele, incuneata tra il Mar morto e il deserto del Negev a Sud.
E` una citta abitata solo da arabi, circa 15.000, ma dopo la guerra del `67 e` stata occupata da qualche centinaio di coloni ultraortodossi, subito seguiti dall`esercito israeliano che ha completamente militarizzato la citta`, espropriando case di arabi per fare basi militari e case di ebrei.
Ora la situaizone e` questa: 15.000 arabi (musulmani e cristiani), 700 ebrei, 2000 soldati israeliani che difendono i 600 ebrei. Il punto e` che qui c`e` la tomba di Abramo, venerato da tutti e tre i monoteismi.
La citta` e` stata spezzata in due da un muro, e decine di checkpoint. Gli ebrei hanno il loro quartiere-fortino inaccessibile a chiunque, nel cuore della citta`. Decine e dedcine di tetti sono presidiati da soldati che tendono il mitra puntato su chiunque si muova per strada, 24 ore su 24. Vorrei farvi vedere le foto, ma non posso caricarle. Sembra di essere in un film sul nazismo al contrario: bambini di 4 anni che corrono per strada e 30 metri piu` in su soldati che li seguono con il mirino del mitra. E` tutto nella mia scheda fotografica. Se riusciro` a farla arrivare in Italia...
A Hebron questi 600 ebrei hanno preso dimora nei piani alti degli edifici che si affacciano sul mercato arabo (con accessi ovviamente separati e militarizzati). Dalle finestre loro lanciano mattoni, blocchi di cemento, sedie, barre di ferro, sacchetti pieni di acido sulla gente che va al mercato. Gli abitanti hanno tirato lunghe reti metalliche a 3 metri da terra per impediure che questi oggetti colpiscano le centinaia di persone che ogni mattina affollano il mercato. Queste reti sono la memoria dell`odio e del crimine. Ci passo sotto e osservo tutto cio` che e` rimasto impigliato.
"Purtroppo la rete non serve a niente contro le barre metalliche, i sacchetti di acido e i blocchi di cemento che la sfondano".
Non puo` essere vero. Io sto guardando in faccia queste persone. Non puo` essere vero.
Vado a cercare l`Onu per strada. Voglio che mi dicano che non e` vero, che questi arabi bugiardi si sono inventati tutta questa messa in scena.
L`Onu qui e` rappresentato da una specifica squadra internazionale chiamata Tiph. E` stata formatada una decina d`anni dopo le suppliche della popolazione di avere una presenza internazionale. La Tiph ha potere soltanto di documentare, non puo` intervenire in nessun caso. Sono armati solo di macchina fotografica. Sono qualche decina di persone che girano per la citta` 24 ore su 24.
Ne incontro due: un anziano danese e una giovane svizzera. Li sommergo di domande.
E` tutto vero. Mi raccontano del loro lavoro. Della loro doppia frustrazione: primo perche` non possono intervenire. I membri italiani in particolare, spesso devono rinunciare, perche` vengono scelti tra il corpo di di polizia italiana, e quando assistono a un crimine e non possono intervenire vanno giu` di testa. Non sanno che cazzo farsene di quella macchina fotografica, e alcuni dopo qualche mese finiscono ad alcolizzarsi in qualche bar di cristiani che serve alcool.
Seconda frustrazione: i loro rapporti hanno valore "confidenziale", cioe` nullo, e non possono essere pubblicati. Pero` c`e` qualche video su You Tube, mi dicono, passato di straforo. Andate a cercare Hebron su you tube...
Nei campi quando va bene ci sono squadre di psicologi occidentali che lavorano sul trauma dei bambini che vedono i loro genitori ammazzati a sangue freddo davanti a loro. Quando va male non c`e` nessuno che si preoccupi di loro. Di queste decine di migliaia di bambini, alcuni impazziscono, sprofondano nella depressione e nella disperazione. Qualche centinaio tra questi diventeranno combattenti. Qualche decina tra questi diventeranno kamikaze. Con il massacro svolto dal 200 al 2007 e con la guerra di Gaza di quest`anno con i suoi 1400 morti in 20 giorni, israele si e` garantito la terza Intifada tra una decina d`anni, quando questi bambini avranno 15 o 16 anni. E non ci sara` autorita` Palestinese, o esercito Israeliano, o fornza intertnazioanel che potra` fermare un ragazzo che e` impazzito di disperazione e vuole soltanto uccidersi ed esprimere una volta per tutte il proprio trauma insuperabile, e soprattutto vendetta, pura, inutile, distruttiva vendetta. Allah centra ben poco con questo. Il Paradiso e` un pensiero secondario per questa gente che si fa esplodere. Questi sono gia` all`inferno e non contano di poterne mai uscire. Ne` in questa vita ne` in un altra.
"C`e` un punto di non ritorno nella vita delle persone. Al di la` di quel punto tutto puo` succedere. Gli Israeliani spingono continuamente le nuove generaizoni di palestinesi al di la` di quel punto." Mi dice il direttore di un altro centro culturale in un campo. "Siamo come topi. Il nostro problema piu` grande non e` come liberare la Palestina. Ma come non diventare pazzi. Come restare umani, di fronte a tutto questo."
Questo e` un genocidio che va avanti lentamente e inesorabilmetne da 60 anni, con una logica e una strategia calcolate a tavolino. L`obiettivo e` gia` stato raggiunto con la costruzione del muro di Sharon. Con il muro Israele ha di fatto annesso tutto quello che desiderava di questa terra: risorse natuirali, corsi, d`acqua, terreni fertili, luoghi sacri, colonie illegali, punti strategici. Tutto questo in quello che dalla comunita` internazionale viene considerato territorio del fantasmatico Stato Palestinese. Il muro si Sharon e` costruito interamente in territorio p[alestinese isolando una citta` dall`altra, attraverso sacche e rientranza fino quasi al Giordano in tutta l`estensione del territorio. Cio` che resta per lo Stato Palestinese e` un colabrodo di miseria e disperazione, che punteggia il fantastico mondo artificiale delle 400 colonie sparse ovunque.
Adesso si`, a partire da questo illegale status quo, anche la destra israeliana e` disposta a trattare per la "soluzione adue stati".
Amici, ora sono a Gerusalemme, oggi andro` a visitare le quattro famiglie palestinesi evacuate dalle loro case pochi giorni fa per insediare nella zona araba di Gerusalemme nuove fdamiglie ebree, con miserabili sotterfugi legali.
Venerdi` andro` a Bilin, vicino a Ramallah. Questo villaggio e` stato circondato per 3/4 dal muro, e la gente e` isolata dalle sue terre di proprieta`, chiuse dall`altra parte del muro e ora a disposizione dei coloni. Qui ogni venerdi, dal 2002, tutta la popolazione si reca davanti al muro a protesta pacificamente con aquiloni, slogan, sit in, contro l`apartheid. E` la piu` importante associazione pacifista palestinese. Ogni venerdi` dal 2002 l`esercito, dalle torrette di controllo, dopo 10 minuti di manifestazione, spara lacrimogeni e proiettili di gomma sulla folla...
Credevo che avrei trovato della spiritualita` in Terra Santa. Ma qui, a partire da Gerusalemme e` tutto cosi` saturo di un`umanita` avvelentata, perversa, impazzita, spofondata nel dolore o nell`odio, o nell`idiozia, che non c`e` posto per lo spirito.
Vorrei trovare un posto vuoto per chiedere persono a Dio per tutto questo, dato che nessuno e` capace di perdonare, o di chiedere scusa, o di riconoscere gli errori. E il primo errore, il peccato originale di tutta questa storia e` certamente il colonialismo europeo, la distruzione del mondo arabo dopo la prima guerra mondiale, la volonta di risolvere una volta per tutte il problema degli ebrei, e i propri sensi di colpa ingestibili, fuori casa.
Il solo cenno di spiritualita` che ho trovato fin`ora in questa terra, e` il sorriso, l`ospitalita` materna e fraterna, la dignita`, la forza morale, di queste persone distrutte dal dolore che mi hanno ospitato come un figlio, un fratello, un amico. E parlando, balbettando, interrotti dall`emergere della disperzione, la loro storia, mi chiedevano scusa perche` non volevano angoscarmi, ero un ospite, volevano che passassi una bella serata, cercavano di scherzare, di alleggerire...
"Scusa, ma non riesco a parlare d`altro, quando inizio non mi riesco a farmare, questa e` la mia vita, ho 23 anni, sono nato e cresciuto qui, sono anto senza niente e ho perso tutto, amici e parenti, e non potro` mai uscire da qui. Io faccio teatro nel campo, leggo poesia, lo conosci Darwish?, non posso perdere la cultura, l`arte, perche` se no divento una bestia, un animale fatto solo di odio, come loro mi vogliono far diventare."
Avro` per sempre un dolce e doloroso ricordo di te, Majd, del tuo viso scuro e leale, della tua voce di ragazzo, del tuo modo di prendere in giro il Ramadan fumando due sigarette alla volta, delle tue dita sottili e sensibili, della tua "casa" dove tua madre mi ha offerto il caffe`, delle decine di storie che mi hai raccontato, di tutte le tue cicatrici, amico mio, sadiq.
14-16/08 Ramallah sogna
Ramallah e` a 15 km a nord di Gerusalemme. Ramallah e` la sede dell`ANP e di Fatah, il partito che fu di Arafat. Ramallah, come ripetono ossessivamente i nostri media ogni volta che ne citano il nome, e` il "quartier generale di Arafat (prima) di Abu Mazen (ora)".
Ma Ramallah soprattutto e` una cittadina piena di vita, di studenti palestinesi e internazionali ospiti nell`universita` piu` qualificata della Palestina, una citta` orientale e moderna allo stesso tempo, con il suq che arriva ovunque e i richiami regolari dei muezzin alla preghiera, con donne velate accanto a ragazze scollate, con locali serali e notturni, pub, discoteche, cinema, centri culturali che promuovono cultura palestinese, araba e occidentale.
Ramallah e` piena di vetrine e di occasioni di svago che riempiono il centro storico, i quartieri nuovi, la vecchia citta` ottomana, fatiscente e fascinosa con le sue pietre gialline che riflettono magicamente la notte e la luna.
Ramallah e` una citta` amministrata da un sindaco donna, crstiana e cattolica, regolarmente eletta dalla popolazione palestinese che vi abita.
Ramallah e` la citta` dove sono sepolti i due pilastri della Palestina moderna: Arafat, in un grande mausoleo considerato un santuario a nord-est della citta`; e il grande poeta Darwish, morto esattamente un anno fa, intorno alla cui tomba hanno costruito un parco frequentato da famiglie e ragazzi, a sud-ovest.
Ramallah e` la citta` dove sono arrivato pieno di terrore e sicuro di essere rapito o ucciso, date le cose che si sentono dire in Italia e ancor piu` in Israele, e data l`atmosfera finalmente, definitivamente, palestinese appena arrivi (le prime bandiere palestinesi, polizia e soldati solo arabi, nessuna scritta in caratteri occidentali, nessun turista, nessun ebreo...); ed e` la citta` dove, gia` dalla prima sera, sono uscito con tutti i soldi addosso, chiacchierando con tutti i ragazzi che girano per il suq, parlando, scherzando, facendo foto, sentendomi suicuro come in un vecchio quartiere di una cittadina italiana.
Ramallah e` la citta` che sogna di essere la Parigi della Palestina: me lo ripetono tre diverse persone: un macellaio, uno studente, un bambino. Nessuno parla bene l`inglese, ma la parola che sento ripetere decine di volte al giorno al mio passaggio in qualunque strada affollatissima o semidesolata e` "Welcome!".
A Ramallah conosco due ragazzi sui 25 anni che mi invitano a casa loro a prendere il caffe` e conoscersi: Ammar e Hammam, ospitali, curiosi e colti, lavorano al Ministero degli affari sociali. Sono musulmani praticanti e hanno una mentalita` che mescola tradizione islamica e liberalismo occidentale: entrambi, per esempio, aspettano che la loro madre individui la donna che fa per loro, per poter poi decidere loro stessi una volta conosciutala. Nessuno dei due ha voglia di farsi carico da solo di questa incombenza.
[continua...]
Ma Ramallah soprattutto e` una cittadina piena di vita, di studenti palestinesi e internazionali ospiti nell`universita` piu` qualificata della Palestina, una citta` orientale e moderna allo stesso tempo, con il suq che arriva ovunque e i richiami regolari dei muezzin alla preghiera, con donne velate accanto a ragazze scollate, con locali serali e notturni, pub, discoteche, cinema, centri culturali che promuovono cultura palestinese, araba e occidentale.
Ramallah e` piena di vetrine e di occasioni di svago che riempiono il centro storico, i quartieri nuovi, la vecchia citta` ottomana, fatiscente e fascinosa con le sue pietre gialline che riflettono magicamente la notte e la luna.
Ramallah e` una citta` amministrata da un sindaco donna, crstiana e cattolica, regolarmente eletta dalla popolazione palestinese che vi abita.
Ramallah e` la citta` dove sono sepolti i due pilastri della Palestina moderna: Arafat, in un grande mausoleo considerato un santuario a nord-est della citta`; e il grande poeta Darwish, morto esattamente un anno fa, intorno alla cui tomba hanno costruito un parco frequentato da famiglie e ragazzi, a sud-ovest.
Ramallah e` la citta` dove sono arrivato pieno di terrore e sicuro di essere rapito o ucciso, date le cose che si sentono dire in Italia e ancor piu` in Israele, e data l`atmosfera finalmente, definitivamente, palestinese appena arrivi (le prime bandiere palestinesi, polizia e soldati solo arabi, nessuna scritta in caratteri occidentali, nessun turista, nessun ebreo...); ed e` la citta` dove, gia` dalla prima sera, sono uscito con tutti i soldi addosso, chiacchierando con tutti i ragazzi che girano per il suq, parlando, scherzando, facendo foto, sentendomi suicuro come in un vecchio quartiere di una cittadina italiana.
Ramallah e` la citta` che sogna di essere la Parigi della Palestina: me lo ripetono tre diverse persone: un macellaio, uno studente, un bambino. Nessuno parla bene l`inglese, ma la parola che sento ripetere decine di volte al giorno al mio passaggio in qualunque strada affollatissima o semidesolata e` "Welcome!".
A Ramallah conosco due ragazzi sui 25 anni che mi invitano a casa loro a prendere il caffe` e conoscersi: Ammar e Hammam, ospitali, curiosi e colti, lavorano al Ministero degli affari sociali. Sono musulmani praticanti e hanno una mentalita` che mescola tradizione islamica e liberalismo occidentale: entrambi, per esempio, aspettano che la loro madre individui la donna che fa per loro, per poter poi decidere loro stessi una volta conosciutala. Nessuno dei due ha voglia di farsi carico da solo di questa incombenza.
[continua...]
12/08 - Ibillin, un matrimonio arabo
Cosa succede quando a un matrimonio arabo tradizionale sono presenti un migliaio di arabi e un italiano? che l`italiano diventa il super ospite d`onore, viene trattato come un principe, riempito di cibo, bevande, sigarette e tutto quello che puo` desiderare, viene invitato/costretto a danzare le fiere e virili danze tradizionali con il padre dello sposo, viene sollevato in aria insieme allo sposo (unico tra tutti ad avere questo privilegio).
Be`, signori, la festa di matrimonio di Halil, nipote del mio amico/ospite/guida Mohammed, e` stata un`esperienza straordinaria.
Ma questa non ve la posso raccontare cosi`. Ci vorrebbe quella citta`, quello spiazzo erboso in periferia, quei tavoli imbanditi, quella musica e quei musicisti, quelle centinaia di giovani (maschi) che hanno danzato dentro i ranghi delle coreografie tradizionali per piu` di tre ore, quella folla di donne con e senza velo, quel cibo, quella ventina di caffe cortissimi che mi continuavano a mettere in mano, quegli odori, quelle facce, quelle strette di mano, quegli inviti a nuovi incontri, quelle dichiarazioni di amicizia solenne e sincera, arcaica, generosa...
Amici, perdonatemi, ma cosi` su due piedi questa non ve la posso raccontare!
Be`, signori, la festa di matrimonio di Halil, nipote del mio amico/ospite/guida Mohammed, e` stata un`esperienza straordinaria.
Ma questa non ve la posso raccontare cosi`. Ci vorrebbe quella citta`, quello spiazzo erboso in periferia, quei tavoli imbanditi, quella musica e quei musicisti, quelle centinaia di giovani (maschi) che hanno danzato dentro i ranghi delle coreografie tradizionali per piu` di tre ore, quella folla di donne con e senza velo, quel cibo, quella ventina di caffe cortissimi che mi continuavano a mettere in mano, quegli odori, quelle facce, quelle strette di mano, quegli inviti a nuovi incontri, quelle dichiarazioni di amicizia solenne e sincera, arcaica, generosa...
Amici, perdonatemi, ma cosi` su due piedi questa non ve la posso raccontare!
10-13/08 - viaggi istruttivi
10/08 - PRIMO VIAGGIO ISTRUTTIVO
In macchina da Ibillin a Gerusalemme, con il mio ospite Mohammed alla guida e Omar, anche lui avvocato, comunista, formatosi in URSS, intellettuale vecchio stile, noto per i suoi articoli sul quotidiano comunista israeliano
Riporto brani di conversazione e delle loro risposte alle mie domande.
``Quella e` Nazareth, dove e` nato Cristo. E` una citta` araba, ancora oggi. Vedi la collina accanto, con quei palazzi nuovi? Quella collina era formata da terre di proprieta` degli arabi di Nazareth. Sono state tutte espropriate dagli ebrei per costruire una citta` nuova ebraica, accanto a quella araba``
``Non si faranno mai due stati perche` Isreaele non lo consentira`. Guarda Lieberman, il ministro degli esteri, della destra religiosa: ha detto ieri che gli arabi dovrebbero andarsene, in un modo o nell`altro, da Israele, che questa e` la terra degli ebrei. E quelli come lui per `Israele` intendono TUTTA la Palestina.
Con quali strumenti legali possono farlo? Per loro l`unico contratto che vale su questa terra e` la Bibbia, che assegna la Palestina agli ebrei.``
[Confermo questa notiza, letta su Haaretz.]
``Quali sono i problemi della questione dei due stati? Gerusalemme, che gli ebrei vogliono solo per loro e non accettano che sia anche capitale della Palestina; il rientro dei 4.500.000 di profughi cacciati da Israele nelle varie guerre a partire dal `48; lo smantellamento delle colonie in Cisgiordania e Gaza.
Le colonie sono 432 solo in Cisgiordania, con 800.000 abitanti.``
``Per noi la soluzione dei due stati e` un compromesso, una forzatura. Divide gli arabi forzatamente. Noi siamo israeliani, non cambieremmo mai paese, neanche per andare nel futuro stato della Palestina. Siamo nati in queste citta`. Qui vogliamo restare, e cambiare le cose politicamente. ISraele e` una democrazia. Gli arabi sono il 20%. Possiamo fare molto, anche se c`e` molta discriminazione interna. E te lo dico da avvocato. Le leggi ci sono e sono giuste. Ma spesso non vengono applicate correttamente... si chiude un occhio.
Noi siamo di tradiuzione laica, marxista: per noi la soluzione ideale -ma e` irrealistica- sarebbe un unico stato palestinese, senza principi religiosi nella costituzione ne` simboli religiosi nella bandiera. Dove convivano arabi ed ebrei, nel rispetto di tutte le comunita` religiose, con alternanza di governi democratici, laici.
Invece cosi` avremo: uno stato a base religiosa (ebraica) e multietnico -Israele-, e uno stato a base etnica (araba) e multireligioso - la Palestina. Un bel casino, no?``
``Abu Mazen? Un figlio di puttana. Lui ha ucciso Arafat per prendere il suo posto. Insieme a Sharon, alla Cia e al Mossad. Volevano fare fuori Arafat. lo hanno avvelenato. Solo adesso stanno aprendo un`inchiesta, perche` qualcuno ha tirato fuori l`ultimo fiario di Arafat dove scriveva proiprio questo: che lo avevano avvertito che Abu Mazen ecc. volevano ammazzarlo. Dopo pochi giorni e` andato in coma e poi, nessuno ha mai saputo come, e` morto!``
``I governi arabi sono tutti corrotti. I Giordani e gli Egiziani dicono che noi arabi rimasti in Israele siamo dei traditori della causa Palestinese. Invece noi siamo rimasti a difendere la nostra cultura nella nostra terra. A volte e` una lotta cuotidiana, fatta con la cultura, l`impegno, ma e` il solo modo di affermare i nostri diritti, la nostra cultura. Non cambierei mai la democrazia di Israele, che e` il mio paese, ove sono nato, con la dittatura di un governo arabo. Un leader arabo che mi piace? Nessuno! Anzi: Nasser. Ma e` morto.``
``Gli arabi sono ospitali. Puoi andare in giro in tutti i villaggi e le citta` arabe di Israele e della Palestina, e ti cercheranno di aiutare anche se non parlano la tua lingua, ti offriranno il caffe`, acqua, da mangiare. Ti chiederanno da dove vieni, ti accompagneranno se hai bisogno. Gli arabio sono curiosi, sono aperti. Non cosi` gli ebrei. Io ho tanti amici ebrei, lavoro con loro, non c`e` problema. Ma sono freddi, sono diffidenti. Hanno sempre paura. Guarda i kibbutzim come sono strutturati... come un ghetto! Si vogliono rinchiudere da soli, e il resto del mondo fuori! Anche il vicino di casa, il collega l`amico, se non e` della loro religione.``
``Quella citta` e` Gerico. Adesso guarda: questa e` una delle tre strade di accesso alla citta`. Guarda: i soldati israeliani hanno fatto una barriera di pietrre alta un metro per impedire il passaggio delle macchine da questa strada. Si, ci sono le altre due che sono dall`altra parte, verso il confine della Giordania. A parte la scomodita` per chi deve muoversi per lavoro, che ci mette 40 minuti in piu`, non ti sembra un chiaro invito ad andarsene anche da qui?``
``Quando c`e` stata l`Intifada, o la guerra a Gaza, o ci sono le rappresaglie, tutte queste... per noi arabi israeliani e` difficile, e` un conflitto interiore: da una parte solidariazziamo con i palestinesi che sono come noi; d`altra parte questo e` il nostro paese, anche se siamo contrari alla politica del governo. Allora magari facciamo delle proteste pacifiche, manifestazioni, scioperi, ma anche insieme a tanti ebrei israeliani, pacifisti, sono tanti, solidariazziamo insieme con i palestinesi.``
Mentre parliamo sfrecciamo lungo la valle del Giordano, verso Gerusalemme: lo spettacolo grandioso del deserto e dei monti della Giordania e` puntellato dalle continue apparizioni di due ben diverse forme di abitazione: a valle, gli accampamenti beduini, decine e decine, fatti di tende, lamiere, baracche, gruppi di cammelli, donne e uomini chinati a terra che cavano non si sa cosa da questa terra totalmente sabbiosam senza un filko d`erba; a monte, le `colonie`, che vanno di piccoli aggregati di abitazioni raffazzonate e rigorosamente recintate come prigioni di massima sicurezza a vere citta`-fortezze, con grattacieli impressionanti che sembranmo sorgere dal nulla di questo mistico deserto; queste ultime, abitaten anche da decine di migliaia di persone, sono circondate da alte mura di cemento, come castelli medievali. In generale le colonie sembrano fatte interamente di cemento grigio scuro, molto brutte, buttate li` come se avessero voluto farle in una notte, per mettere il mondo davanti al fatto compiuto al levarsi del sole. E piu` o meno e` cosi`: la politica del fatto compiuto e` sempre stata la principale strategia dei governi di Israele, a parte forse quelli di Rabin e Barak.
Attorno alle colonie sorgono improbabili boschetti, del tutto irrealistici in questo deserto: ed ecco che con un solo colpo d`occhio mi trovo a constatare la tragica questione idrica della Cisgiordania: le centinaia di colonie -stipate di armi a disposizione dei coloni per farsi giustizia privatamente (che essendo ultraortodossi godono, tra gli altri, del privilegio garantito dell`impunita`) intercettano a monte le gia` scarse sorgenti e le estinguono per irrigare il loro territorio, lasciando accampamenti beduini e citta` palestinesi a valle in una totgale siccita`. Inoltre, con la cancellazione degli affluenti, il Giordano e` ridotto a un rigagnolo e sta scomparendo... Pazienza, Cristo si battezzera` col fango; poi alla lunga, soltanto con la sabbia.
12/08 - SECONDO VIAGGIO ISTRUTTIVO
Da Haifa a Ibillin, in taxi con Yusef, ebreo, 55 anni
Brani dal suo monologo.
``Io sono ebreo, vedi, non ho problemi con gli arabi. Loro possono venire in Israele, se vogliono, tutti possono venire in Israele. Va bene, ho anche degli aici arabi. Il problema sono i Palestinesi. Sai, per noi Gerusalemme e` il centro del mondo. CApisci? Il centro del mondo. E` la nostra religione. Noi non possiamo rinunciare a Gerusalemme. E` la nostra capitale. Non possiamo dividerla. I Palestinesi non lo vogliono capire.
Vuoi sapere cosa penso io? Lo vuoi sapere? Penso che Israele deve prendere Gerusalemme. Con la forza con la pace, non lo so, ma deve prenderla. Gli arabi non ce la daranno mai.``
``Quando dico `uccidere gli arabi` intendo i PAlestinesi. Non gli arabi israeliani! No con loro non c`e` nessun problema.``
``Con gli arabi non si puo` fare la pace. Siamo in guerra da 3000 anni con gli arabi. Si, e` vero, con alcuni paesi arabi l`abbiamo fatta. L`Egitto. La Giordania. Ma con gli altri e` impossibile: la Siria, per esempio: rivogliono il Golan! Ma perche`, non capisco! Si era il loro fino alla guerra del `67. Ma era un deserto. Loro non ci fanno niente. Invece gli ebrei hanno fatto crescere gli alberi, hanno fatto un bel giardino, ci vanno i turisti. E loro lo rivogliono! Hai presente Hong Kong? Noi potremmo fare cosi`: comprarlo per 100 anni. Poi si vede. Prenderebbero tanti beiu soldi, i sirianio, sai? Noi potremmo dargli tanti bei soldi. Ma questa e` una mia idea, nond el governo. Pero` penso che anche il governo ci abbia pensato: perche` loro sono piu` intelligenti di me. Pero` anche io sono intelligente. Clever.``
``L`Iran. Perche` vuole distruggere Israele? Non capisco. Avete il vostro paese, e noi abbiamo il nostro. Vivete e lasciateci vivere. Cosa volete da noi. Sai cosa ti dico. Loro vogliono l`atomica. Si, anche noi ne abbiamno parecchie. Ma da noi, per far partire i missili ci vogliono molte mani che spingono il bottone nello stesso momento. Li` ne basta uno. Basta che Achmadinejad spinge il bottone e il missile parte.``
``Sai cosa ti dico? Se l`Iran lanciua il missile uccide 100.000 ebrei. Per noi sono tanti, perche` siamo un piccolo popolo. Allora noi lanciamo tanti missili che uccidiamo milioni di iraniani. Hai capito? Milioni!``
``Perche` sono tutti contro di noi? Dimmelo, perche` l`Europa e` sempre contro di noi. Lo vuoi sapere perche`? Te lo dico io. Perche` le televisioni fanno vedere i bambini e le donne morte per strada. Ma non fanno vedere che i terroristi si nascondono dietro le loro donne e i loro bambini e sparano ai nostri soldati. Allora cosa dovrebbero fare i nostri soldati? Sparare! Li uccidono tutti. Ma sono costretti, capisci? Sono i terroristi che li fanno morire. Ma il mondo e` sempre contro Israele. Ma noi siamo forti, siamo molto forti. Ci possiamo difendere da soli.``
``Israele e` il paese piu` bello del mondo. Io ne ho girati tanti, anche l`Italia. Ma Israele e` molto piu` bello. Se la gente non pensasse che e` pericoloso, i turisti verrebbero tutti qui. Ci sarebbero un sacco di soldi. Che non puoi immaginare. Eh, si: io amo Israele. Io sono un patriota.``
``Sai cosa mi piace dell`Italia? Che gesticolate! E sai qual e` la parola che mi piace di piu` in italiano: Vaffanculo!``
Yusef si produce in una serie di abbinamenti sbagliati tra vari tipo di `vaffanculo` e vari gesti pescati a casaccio nel suo repertorio. Ride. Molto.
Gli dico: sei bravo, sembri proprio italiano.
NOTA:
Mentre Yusef parla, mi torna in mente un`articolo che ho letto 3 giorni fa su Haaretz: il sindaco di una cittadina sul mare ha stanziato una somma di 1.000.000 di dollari per chi portera` le prove dell`esistenza della sirenza che e` stata avvistata da diversi turisti negli ultimi giorni...
Tra immedesimazione con bellicosi scenari biblici e visioni marine, forse in questo paese qualcuno ha smarrito completamente il senso della realta`...
13/08 - TERZO VIAGGIO ISTRUTTIVO
Da Ibillin a Haifa, in taxi con Assan, arabo, 52 anni.
Parla male l`inglese. Ma ci capiamo con un mix di lingue e molti gesti. Riporto in terza persona.
Assan ha 8 figli. Si, con una sola moglie. Loro non hanno piu` di una moglie. Una volta. Forse ancora in Africa, in Egitto... non sa. Ma i Palestinesi hanno una sola moglie.
Lavora ad Haifa, a Ibillin non c`e` lavoro per un tassita. Ad Haifa ebrei, musulmani e cristiani vivono in pace. Ad Haifa i suoi amici sono tutti ebrei. Nessun problema.
Tra le persone non ci sono problemi. I problemi sono i politici. Liberman [sempre quello] e` un grande fascista: vuole cacciare tutti gli arabi da Israeloe. Assan nonj capisce perche` puo` volere una cosa del genere. Lui ci e` nato. Suo padre, suo nonno. Le loro case, le loro proprieta`. Le sue 6 figlie e i 2 figli vivono li`, lavorano li`, 3 hanno gia` una famiglia...
Entrando ad Haifa mi indica le case in puro stile arabo. Mi dice che quelle erano tutte case di arabi, fino al `48. Poi sono arrivati tantissimi ebrei, dalla Polonia, dalla Russia, dalla Germania, e il loro esercito ha cacciato via i legittimi proprietari. Via via: in Siria, in Giordania, il Libano. Per Assan questo e` il problema originario. Perche` uno deve cacciare un altro dalla sua casa?
Mi racconta della guerra con il Libano nel 2006. Haifa e` a 50 km dal Libano. Mi racconta dei missili libanesi che per un mese hanno colpito la citta`. Il racconto e` uguale a quello che mi ha fatto Morad, la mia prima sera in Israele (vedi primo post). Dice che i libanesi sparavano i razzi per sconfiggere Israele; ma sono morti ebrei e musulmanio e cristiani indifferentemente, sotto quei missili. La gente non vuole mai la guerra. Secondo Assan la gente vuole la pace e vive in pace. Sono i politici che vogliono la guerra. E la gente ci rimette sempre. Di qualunque religione. Non si preoccupano neanche di guardare chi e` morto, alla fine.
NOTA:
Assan e` un uomo semplice, non colto, molto umile. Ama l`Italia per via del calcio: e` milanista. E` emotivo e curioso: con questo assurdo mix di lingue e gesti si sforza di farsi capire. Alla fine si scusa di nnon parlare inglese, si vergogna. Ma gli piace parlare con le persone, si giustifica.
Assan e` tanto umile quanto Yusef arrogante, possibilista quanto Yusef intollerante, ingenuo quanto Yusef e` sagace, dolce quanto Yusef e` rude.
E costa 40 NIS invec di 150.
SE VI CAPITA DI TROVARVI AD HAIFA E AVERE BISOGNO DI UN TAXI, VI CONSIGLIO ASSAN.
13/08 - QUARTO BREVE VIAGGIO ISTRUTTIVO
Di nuovo a Gerusalemme, in autobus verso la citta` vecchia.
Sento qualcuno che impreca e colpisce il mio zaino. Un vecchio canuto, curvo, secco e sdentato sta sacramentando infastidito dall`ingombro del mio bagaglio.Dopo essermi scusato umilmente, le vicende della vita mi portano a sedermi proprio davanti a lui, per non soccombere agli scossoni della folle corsa del folle autobus nel folle traffico di questa folle e santa citta`.
Il suo improvviso sorriso si spalanca su una assoluta penuria dentaria. E attacca un discorso in una lingua dove emergono ben poche parole in inglese, per di piu` impastate dalla condizione della sua cavita` orale.
Rioporto le poche frasi di cui ho colto il senso.
``Sono ebreo Iraniano... Venuto qui quando e` arrivato Komeimi. Achmadinejad e` pazzo. Tu sei ebreo? Sei cristiano? Va bene lo stesso cristiano. Gli ebrei sono buoni, i cristiani sono buoni. I musulmani: terroristi. Sei sposato? No? Male. Sposati.``
In macchina da Ibillin a Gerusalemme, con il mio ospite Mohammed alla guida e Omar, anche lui avvocato, comunista, formatosi in URSS, intellettuale vecchio stile, noto per i suoi articoli sul quotidiano comunista israeliano
Riporto brani di conversazione e delle loro risposte alle mie domande.
``Quella e` Nazareth, dove e` nato Cristo. E` una citta` araba, ancora oggi. Vedi la collina accanto, con quei palazzi nuovi? Quella collina era formata da terre di proprieta` degli arabi di Nazareth. Sono state tutte espropriate dagli ebrei per costruire una citta` nuova ebraica, accanto a quella araba``
``Non si faranno mai due stati perche` Isreaele non lo consentira`. Guarda Lieberman, il ministro degli esteri, della destra religiosa: ha detto ieri che gli arabi dovrebbero andarsene, in un modo o nell`altro, da Israele, che questa e` la terra degli ebrei. E quelli come lui per `Israele` intendono TUTTA la Palestina.
Con quali strumenti legali possono farlo? Per loro l`unico contratto che vale su questa terra e` la Bibbia, che assegna la Palestina agli ebrei.``
[Confermo questa notiza, letta su Haaretz.]
``Quali sono i problemi della questione dei due stati? Gerusalemme, che gli ebrei vogliono solo per loro e non accettano che sia anche capitale della Palestina; il rientro dei 4.500.000 di profughi cacciati da Israele nelle varie guerre a partire dal `48; lo smantellamento delle colonie in Cisgiordania e Gaza.
Le colonie sono 432 solo in Cisgiordania, con 800.000 abitanti.``
``Per noi la soluzione dei due stati e` un compromesso, una forzatura. Divide gli arabi forzatamente. Noi siamo israeliani, non cambieremmo mai paese, neanche per andare nel futuro stato della Palestina. Siamo nati in queste citta`. Qui vogliamo restare, e cambiare le cose politicamente. ISraele e` una democrazia. Gli arabi sono il 20%. Possiamo fare molto, anche se c`e` molta discriminazione interna. E te lo dico da avvocato. Le leggi ci sono e sono giuste. Ma spesso non vengono applicate correttamente... si chiude un occhio.
Noi siamo di tradiuzione laica, marxista: per noi la soluzione ideale -ma e` irrealistica- sarebbe un unico stato palestinese, senza principi religiosi nella costituzione ne` simboli religiosi nella bandiera. Dove convivano arabi ed ebrei, nel rispetto di tutte le comunita` religiose, con alternanza di governi democratici, laici.
Invece cosi` avremo: uno stato a base religiosa (ebraica) e multietnico -Israele-, e uno stato a base etnica (araba) e multireligioso - la Palestina. Un bel casino, no?``
``Abu Mazen? Un figlio di puttana. Lui ha ucciso Arafat per prendere il suo posto. Insieme a Sharon, alla Cia e al Mossad. Volevano fare fuori Arafat. lo hanno avvelenato. Solo adesso stanno aprendo un`inchiesta, perche` qualcuno ha tirato fuori l`ultimo fiario di Arafat dove scriveva proiprio questo: che lo avevano avvertito che Abu Mazen ecc. volevano ammazzarlo. Dopo pochi giorni e` andato in coma e poi, nessuno ha mai saputo come, e` morto!``
``I governi arabi sono tutti corrotti. I Giordani e gli Egiziani dicono che noi arabi rimasti in Israele siamo dei traditori della causa Palestinese. Invece noi siamo rimasti a difendere la nostra cultura nella nostra terra. A volte e` una lotta cuotidiana, fatta con la cultura, l`impegno, ma e` il solo modo di affermare i nostri diritti, la nostra cultura. Non cambierei mai la democrazia di Israele, che e` il mio paese, ove sono nato, con la dittatura di un governo arabo. Un leader arabo che mi piace? Nessuno! Anzi: Nasser. Ma e` morto.``
``Gli arabi sono ospitali. Puoi andare in giro in tutti i villaggi e le citta` arabe di Israele e della Palestina, e ti cercheranno di aiutare anche se non parlano la tua lingua, ti offriranno il caffe`, acqua, da mangiare. Ti chiederanno da dove vieni, ti accompagneranno se hai bisogno. Gli arabio sono curiosi, sono aperti. Non cosi` gli ebrei. Io ho tanti amici ebrei, lavoro con loro, non c`e` problema. Ma sono freddi, sono diffidenti. Hanno sempre paura. Guarda i kibbutzim come sono strutturati... come un ghetto! Si vogliono rinchiudere da soli, e il resto del mondo fuori! Anche il vicino di casa, il collega l`amico, se non e` della loro religione.``
``Quella citta` e` Gerico. Adesso guarda: questa e` una delle tre strade di accesso alla citta`. Guarda: i soldati israeliani hanno fatto una barriera di pietrre alta un metro per impedire il passaggio delle macchine da questa strada. Si, ci sono le altre due che sono dall`altra parte, verso il confine della Giordania. A parte la scomodita` per chi deve muoversi per lavoro, che ci mette 40 minuti in piu`, non ti sembra un chiaro invito ad andarsene anche da qui?``
``Quando c`e` stata l`Intifada, o la guerra a Gaza, o ci sono le rappresaglie, tutte queste... per noi arabi israeliani e` difficile, e` un conflitto interiore: da una parte solidariazziamo con i palestinesi che sono come noi; d`altra parte questo e` il nostro paese, anche se siamo contrari alla politica del governo. Allora magari facciamo delle proteste pacifiche, manifestazioni, scioperi, ma anche insieme a tanti ebrei israeliani, pacifisti, sono tanti, solidariazziamo insieme con i palestinesi.``
Mentre parliamo sfrecciamo lungo la valle del Giordano, verso Gerusalemme: lo spettacolo grandioso del deserto e dei monti della Giordania e` puntellato dalle continue apparizioni di due ben diverse forme di abitazione: a valle, gli accampamenti beduini, decine e decine, fatti di tende, lamiere, baracche, gruppi di cammelli, donne e uomini chinati a terra che cavano non si sa cosa da questa terra totalmente sabbiosam senza un filko d`erba; a monte, le `colonie`, che vanno di piccoli aggregati di abitazioni raffazzonate e rigorosamente recintate come prigioni di massima sicurezza a vere citta`-fortezze, con grattacieli impressionanti che sembranmo sorgere dal nulla di questo mistico deserto; queste ultime, abitaten anche da decine di migliaia di persone, sono circondate da alte mura di cemento, come castelli medievali. In generale le colonie sembrano fatte interamente di cemento grigio scuro, molto brutte, buttate li` come se avessero voluto farle in una notte, per mettere il mondo davanti al fatto compiuto al levarsi del sole. E piu` o meno e` cosi`: la politica del fatto compiuto e` sempre stata la principale strategia dei governi di Israele, a parte forse quelli di Rabin e Barak.
Attorno alle colonie sorgono improbabili boschetti, del tutto irrealistici in questo deserto: ed ecco che con un solo colpo d`occhio mi trovo a constatare la tragica questione idrica della Cisgiordania: le centinaia di colonie -stipate di armi a disposizione dei coloni per farsi giustizia privatamente (che essendo ultraortodossi godono, tra gli altri, del privilegio garantito dell`impunita`) intercettano a monte le gia` scarse sorgenti e le estinguono per irrigare il loro territorio, lasciando accampamenti beduini e citta` palestinesi a valle in una totgale siccita`. Inoltre, con la cancellazione degli affluenti, il Giordano e` ridotto a un rigagnolo e sta scomparendo... Pazienza, Cristo si battezzera` col fango; poi alla lunga, soltanto con la sabbia.
12/08 - SECONDO VIAGGIO ISTRUTTIVO
Da Haifa a Ibillin, in taxi con Yusef, ebreo, 55 anni
Brani dal suo monologo.
``Io sono ebreo, vedi, non ho problemi con gli arabi. Loro possono venire in Israele, se vogliono, tutti possono venire in Israele. Va bene, ho anche degli aici arabi. Il problema sono i Palestinesi. Sai, per noi Gerusalemme e` il centro del mondo. CApisci? Il centro del mondo. E` la nostra religione. Noi non possiamo rinunciare a Gerusalemme. E` la nostra capitale. Non possiamo dividerla. I Palestinesi non lo vogliono capire.
Vuoi sapere cosa penso io? Lo vuoi sapere? Penso che Israele deve prendere Gerusalemme. Con la forza con la pace, non lo so, ma deve prenderla. Gli arabi non ce la daranno mai.``
``Quando dico `uccidere gli arabi` intendo i PAlestinesi. Non gli arabi israeliani! No con loro non c`e` nessun problema.``
``Con gli arabi non si puo` fare la pace. Siamo in guerra da 3000 anni con gli arabi. Si, e` vero, con alcuni paesi arabi l`abbiamo fatta. L`Egitto. La Giordania. Ma con gli altri e` impossibile: la Siria, per esempio: rivogliono il Golan! Ma perche`, non capisco! Si era il loro fino alla guerra del `67. Ma era un deserto. Loro non ci fanno niente. Invece gli ebrei hanno fatto crescere gli alberi, hanno fatto un bel giardino, ci vanno i turisti. E loro lo rivogliono! Hai presente Hong Kong? Noi potremmo fare cosi`: comprarlo per 100 anni. Poi si vede. Prenderebbero tanti beiu soldi, i sirianio, sai? Noi potremmo dargli tanti bei soldi. Ma questa e` una mia idea, nond el governo. Pero` penso che anche il governo ci abbia pensato: perche` loro sono piu` intelligenti di me. Pero` anche io sono intelligente. Clever.``
``L`Iran. Perche` vuole distruggere Israele? Non capisco. Avete il vostro paese, e noi abbiamo il nostro. Vivete e lasciateci vivere. Cosa volete da noi. Sai cosa ti dico. Loro vogliono l`atomica. Si, anche noi ne abbiamno parecchie. Ma da noi, per far partire i missili ci vogliono molte mani che spingono il bottone nello stesso momento. Li` ne basta uno. Basta che Achmadinejad spinge il bottone e il missile parte.``
``Sai cosa ti dico? Se l`Iran lanciua il missile uccide 100.000 ebrei. Per noi sono tanti, perche` siamo un piccolo popolo. Allora noi lanciamo tanti missili che uccidiamo milioni di iraniani. Hai capito? Milioni!``
``Perche` sono tutti contro di noi? Dimmelo, perche` l`Europa e` sempre contro di noi. Lo vuoi sapere perche`? Te lo dico io. Perche` le televisioni fanno vedere i bambini e le donne morte per strada. Ma non fanno vedere che i terroristi si nascondono dietro le loro donne e i loro bambini e sparano ai nostri soldati. Allora cosa dovrebbero fare i nostri soldati? Sparare! Li uccidono tutti. Ma sono costretti, capisci? Sono i terroristi che li fanno morire. Ma il mondo e` sempre contro Israele. Ma noi siamo forti, siamo molto forti. Ci possiamo difendere da soli.``
``Israele e` il paese piu` bello del mondo. Io ne ho girati tanti, anche l`Italia. Ma Israele e` molto piu` bello. Se la gente non pensasse che e` pericoloso, i turisti verrebbero tutti qui. Ci sarebbero un sacco di soldi. Che non puoi immaginare. Eh, si: io amo Israele. Io sono un patriota.``
``Sai cosa mi piace dell`Italia? Che gesticolate! E sai qual e` la parola che mi piace di piu` in italiano: Vaffanculo!``
Yusef si produce in una serie di abbinamenti sbagliati tra vari tipo di `vaffanculo` e vari gesti pescati a casaccio nel suo repertorio. Ride. Molto.
Gli dico: sei bravo, sembri proprio italiano.
NOTA:
Mentre Yusef parla, mi torna in mente un`articolo che ho letto 3 giorni fa su Haaretz: il sindaco di una cittadina sul mare ha stanziato una somma di 1.000.000 di dollari per chi portera` le prove dell`esistenza della sirenza che e` stata avvistata da diversi turisti negli ultimi giorni...
Tra immedesimazione con bellicosi scenari biblici e visioni marine, forse in questo paese qualcuno ha smarrito completamente il senso della realta`...
13/08 - TERZO VIAGGIO ISTRUTTIVO
Da Ibillin a Haifa, in taxi con Assan, arabo, 52 anni.
Parla male l`inglese. Ma ci capiamo con un mix di lingue e molti gesti. Riporto in terza persona.
Assan ha 8 figli. Si, con una sola moglie. Loro non hanno piu` di una moglie. Una volta. Forse ancora in Africa, in Egitto... non sa. Ma i Palestinesi hanno una sola moglie.
Lavora ad Haifa, a Ibillin non c`e` lavoro per un tassita. Ad Haifa ebrei, musulmani e cristiani vivono in pace. Ad Haifa i suoi amici sono tutti ebrei. Nessun problema.
Tra le persone non ci sono problemi. I problemi sono i politici. Liberman [sempre quello] e` un grande fascista: vuole cacciare tutti gli arabi da Israeloe. Assan nonj capisce perche` puo` volere una cosa del genere. Lui ci e` nato. Suo padre, suo nonno. Le loro case, le loro proprieta`. Le sue 6 figlie e i 2 figli vivono li`, lavorano li`, 3 hanno gia` una famiglia...
Entrando ad Haifa mi indica le case in puro stile arabo. Mi dice che quelle erano tutte case di arabi, fino al `48. Poi sono arrivati tantissimi ebrei, dalla Polonia, dalla Russia, dalla Germania, e il loro esercito ha cacciato via i legittimi proprietari. Via via: in Siria, in Giordania, il Libano. Per Assan questo e` il problema originario. Perche` uno deve cacciare un altro dalla sua casa?
Mi racconta della guerra con il Libano nel 2006. Haifa e` a 50 km dal Libano. Mi racconta dei missili libanesi che per un mese hanno colpito la citta`. Il racconto e` uguale a quello che mi ha fatto Morad, la mia prima sera in Israele (vedi primo post). Dice che i libanesi sparavano i razzi per sconfiggere Israele; ma sono morti ebrei e musulmanio e cristiani indifferentemente, sotto quei missili. La gente non vuole mai la guerra. Secondo Assan la gente vuole la pace e vive in pace. Sono i politici che vogliono la guerra. E la gente ci rimette sempre. Di qualunque religione. Non si preoccupano neanche di guardare chi e` morto, alla fine.
NOTA:
Assan e` un uomo semplice, non colto, molto umile. Ama l`Italia per via del calcio: e` milanista. E` emotivo e curioso: con questo assurdo mix di lingue e gesti si sforza di farsi capire. Alla fine si scusa di nnon parlare inglese, si vergogna. Ma gli piace parlare con le persone, si giustifica.
Assan e` tanto umile quanto Yusef arrogante, possibilista quanto Yusef intollerante, ingenuo quanto Yusef e` sagace, dolce quanto Yusef e` rude.
E costa 40 NIS invec di 150.
SE VI CAPITA DI TROVARVI AD HAIFA E AVERE BISOGNO DI UN TAXI, VI CONSIGLIO ASSAN.
13/08 - QUARTO BREVE VIAGGIO ISTRUTTIVO
Di nuovo a Gerusalemme, in autobus verso la citta` vecchia.
Sento qualcuno che impreca e colpisce il mio zaino. Un vecchio canuto, curvo, secco e sdentato sta sacramentando infastidito dall`ingombro del mio bagaglio.Dopo essermi scusato umilmente, le vicende della vita mi portano a sedermi proprio davanti a lui, per non soccombere agli scossoni della folle corsa del folle autobus nel folle traffico di questa folle e santa citta`.
Il suo improvviso sorriso si spalanca su una assoluta penuria dentaria. E attacca un discorso in una lingua dove emergono ben poche parole in inglese, per di piu` impastate dalla condizione della sua cavita` orale.
Rioporto le poche frasi di cui ho colto il senso.
``Sono ebreo Iraniano... Venuto qui quando e` arrivato Komeimi. Achmadinejad e` pazzo. Tu sei ebreo? Sei cristiano? Va bene lo stesso cristiano. Gli ebrei sono buoni, i cristiani sono buoni. I musulmani: terroristi. Sei sposato? No? Male. Sposati.``
9/08 - Ibillin, cambio programmi
Lasciato il kibbutz, tempo due ore e mi sembra di essere dall`altra parte del mondo: entro in un `villaggio` arabo (12 mila abitanti), attraversando una squallida periferia, dove i fichi d`india, che corrono come guardrail lungo gli stradoni che conducono alla citta`, da anni intercettano e conservano tra i loro spini l`immondizia lanciata dalle auto in corsa: barattoli, bottiglie, lattine, sacchetti di plastica... e qualunque altra cosa possa dare l`idea di sporcizia.
Sfrecciano camion a velocita` folli; gli arabi, sulle loro auto scassate, sembrano piu` occupati a suonare continuamente il clacson senza motivo che non a tenere le mani sul volante e i piedi sul freno. Un camionista mi fa un urlo dal finestrino, due ragazzi rischiano di schiantarsi con le ruote sul marciapiede di cemento pur di tentare di darmi uno scappellotto al cappello.
Al prossimo mi riparte la bambola razzista, giuro...
Non c`è il prossimo per fortuna.
Appena abbandono le stradone infernali della periferia per entrare nel villaggio il clima cambia: bambini e ragazzi smettono di giocare a calcio tra alberi e immondizia e mi si avvicinano sorridendo: vogliono che gli faccia una foto.
Mi addentro ancora tra le casette basse, molto povere, distribuite su un fitto saliscendi collinare; la gente mi guarda con curiosità e io mi cairico: ``Salaam alaykum!``
A sentire il saluto arabo questi arabi si illuminano, e mi rispondono ``Alayukum as`salaam`` con un sorriso a 32 denti. Allora mi gioco l`asso: ``italiano!``
``Ah, italiano! Welcome! Welcome italia! Fuck you America! Fuck you U.S.A.! Fuck you Israel! Free Palestina! Welcome!``
Che volete che gli risponda, a questa grande famiglia, donne, bambini, uomini anziani... che mi guardano con aria allegra e finalmente accogliente?
``Yes, fuck you America"! Free Palestina!``
Non vorrete mica che intavoli una conferenza sulla storia del conflitto arabo-israeliano e li illumini sulle responsabilita` reciproche? Sono le prime persone che si mostrano gentili e ospitali con me oggi, dovro`pur concedergli un genuino fuck you America, no?!
Da questo momento in poi tutti quelli che incontro mi danno da dire, mi vogliono aiutare a tutti i costi, mi vogliono accompagnare in macchina o in motorino alla mia destinazione (una scuola cristina dove dovrei chiedere ospitalita` per stanotte), vogliono farsi fotografare, fotografare me stesso pensando che mi faccia piacere.
Sono ormai nel centro di questa citta`moderna, piuttosto brutta, tutto cemento. Ma devo dire che con questa umanita` varia, chiassosa, sorridente e urlante, l`aspetto estetico della citta` sparisce e diventa tutto uno starci dentro, in un modo coinvolgente.
Un sacco di bambini e ragazzi vanno su cavalli, cavallini, asini, portati senza sella.
Faccio decine di foto, ogni due metri mi fermo a parlare con qualcuno, di qualunque eta`.
Ok, non arrivero` mai alla scuola, di questo passo, mi dico. Anzi, se e` per questo mi sono anche perso!
Fermo un uomo che e` uguale a Mastroianni. E attacco:```La pace sia con te. Sono italiano...!``
``Italiano!?!``
Mastroianni comincia a parlare e non si interrompe per 2 minuti: si chiama Mohammed, è avvocato, ha stuidiato legge a Cagliari, ha vissuto in Italia 7 anni, ama l`Italia (e parla un italiano perfetto), è musulmano non praticante, ha 48 anni, una moglie, 5 figlie, un sacco di fratelli e cugini...
Insomma, dopo 5 minuti sono dentro il studio studio, lui sta chuiamando moglie e amici per organizzare la mia ospitalita` in casa sua e una degna serata all`araba. La cena? A base di costarelle e spiedini di maiale. Si si, maiale.
Mohammed e i suoi amici sono tutti comunisti, convintamente laici, si considerano israeliani e non cambierebbero mai paese, vogliono cambiare le cose politicamente, da dentro. Alcuni di loro scrivono nel giornale del partito comunista israeliano, hanno un associazione culturale per lo scambio tra culture... Potrei scrivere un libro su Mohammed, la sua meravigliosa famiglia e i suoi incredibili amici!
A casa mi trattano come un principe. Afnan, sua moglie, è musulmana praticante; le 5 figlie, dai 4 ai 15 anni, sono tutte insieme l`ottava meraviglia del mondo: la bellezza, la dolcezza, l`intelligenza e la curiosità dello sguardo...
Mohammed racconta a tutti del nostro incredibile incontro e intanto mi fa altre domande; dopo un`oretta che ci siamo incontrati so tutto di lui, sa tutto di me, mi sembra che ci conosciamo da mesi.
Via, dopo la doccia si riparte: io e Mohammed andiamo a mangiare da Orsan. Questo si` che è un personaggio incredibile, dovete credermi. Fa il custode in una segheria di perferia: ovunque cataste di legno, lamiere, macchinari, a coprire un`area enorme.
Tra alcune di queste lamiere, coperte di teli, veli, addossate di materiali, in un guiazzabuglio incredibile, c`è la sua `abitazione`. E` li` che mettiamo su un barbeque e il maiale gia` e` pronto.
Anche Orsan ha lavorato in Italia. Anzi ci ha vissuto 27 anni, si e` fatto una famiglia (e ora vive a meta` tra qui e li`), e ha rifatto i rubinetti degli alberghi di mezza Italia.
Parte il revival filo-italiano della loro giovinezza: canzoni di Battisti, De Andre`, Dalla, De Gregori; Toto`, Troisi, Peppino di Capri, Celentano... Le ``osterie``...
Mangiamo, cantiamo, ridiamo, fumiamo. Parliamo un po` di politica. Io mi rendo conto pian piano che questo è l`incontro perfetto del mio viaggio. Tutte le domande che volevo porre a gente araba e palestinese nel giro di un mese per capire il loro punto di vista e le vere condizioni della loro vita, posso tirarle fuori adesso.
Parliamo di politica israeliana, palestinese, araba, americana, italiana.
Loro due sono preparatissimi; sanno tutto di storia, di risoluzioni Onu, di diritto internazionale...
Vorrei raccontare tutto, ma ci vorrebbe veramente un libro per tutte le informazioni che ho raccolto. Alcune cose già ben note; altre piuttosto inaspettate e sconvolgenti.
Ma non vogliamo appesantire la serata. Mangiamo, cantiamo, beviamo birra, fumiamo, diciamo cazzate. Ci sarà tempo di parlare di cose serie.
Quando Orsan dichiara la sua seria intenzione di tirare fuori dal frigo l`agnello, io e Mohammed scappiamo per non rischiare di non alzarci più dal tavolo.
E poi, la serata sembra non eseere finita. Salta in macchina, e giù, a sgassare per i viottoli della città.
C`è una palazzina con uno spiazzetto davanti, e un centinaio di persone sedute sulle sedie distribuite lungo tutto il perimetro.
``Questa è la casa di mio cuigino. Suo figlio si sposa tra pochi giorni. Qui, prima di un matrimonio c`è festa tutti i dieci giorni precedenti.``
E allora vai con la festa, vai con il caffè, vai con altro cibo (``Mohammed, non mi va più, davvero!``, ``Si, ma questo non si mangia perchè ti va, si mangia per... mangiarlo``, ``Ah, ok``)
Mi presenta tutti. ``Lui è mio cugino, ha la barba lunga vedi, lui è religioso. La sua famiglia viene da Gaza. Io non lo capisco... ma lo rispetto, certo``
``Questo è mio fratello, questo è mio cugino, questo è un altro fratello, questo è mio nipote, questo è suo fratello, questo è quello che si sposa, questo è mio cuigino...``
``E la donne? Non ci sono?``
``Ma certo sono di la`, con altri ragazzi.``
Ecco cos`è questa musica forte, con aggiunta di tamburi dal vivo se non sbaglio, schimazzi, e rumori di danze concitate che viene da una stanza dentro la palazzina.
Basta, si va a casa. Domattina partiamo presto.
Partiamo, sì: Mohammed mi ha convinto a cambiare i miei programmi: lui deve andare a Gerusalemme con un suo amico e collega avvocato. La mia intenzione era di fare un giro lungo per arrivare alla santissima città, ma come posso perdere l`occasione di un viaggio in macchina di 4 ore in cui potrò fare tutte le domande possibili e immaginabili su Palestina, Israele, convivenza, conflitti, opinioni, prospettive, ecc, a due persone colte, informate, impegnate, disponibili, arabe? Sono qui anche per questo, voglio sapere tutto.
A casa... non è ancora finita.
Le 6 `donne` di casa ci aspettano sveglie. Le bambine sono in fibrillazione. Vogliono sapere tutto di me.
Ci sediamo davanti all`ingresso della casa, sui gradini che danno su un piccolo giardinetto con alberi da frutta...
Sfrecciano camion a velocita` folli; gli arabi, sulle loro auto scassate, sembrano piu` occupati a suonare continuamente il clacson senza motivo che non a tenere le mani sul volante e i piedi sul freno. Un camionista mi fa un urlo dal finestrino, due ragazzi rischiano di schiantarsi con le ruote sul marciapiede di cemento pur di tentare di darmi uno scappellotto al cappello.
Al prossimo mi riparte la bambola razzista, giuro...
Non c`è il prossimo per fortuna.
Appena abbandono le stradone infernali della periferia per entrare nel villaggio il clima cambia: bambini e ragazzi smettono di giocare a calcio tra alberi e immondizia e mi si avvicinano sorridendo: vogliono che gli faccia una foto.
Mi addentro ancora tra le casette basse, molto povere, distribuite su un fitto saliscendi collinare; la gente mi guarda con curiosità e io mi cairico: ``Salaam alaykum!``
A sentire il saluto arabo questi arabi si illuminano, e mi rispondono ``Alayukum as`salaam`` con un sorriso a 32 denti. Allora mi gioco l`asso: ``italiano!``
``Ah, italiano! Welcome! Welcome italia! Fuck you America! Fuck you U.S.A.! Fuck you Israel! Free Palestina! Welcome!``
Che volete che gli risponda, a questa grande famiglia, donne, bambini, uomini anziani... che mi guardano con aria allegra e finalmente accogliente?
``Yes, fuck you America"! Free Palestina!``
Non vorrete mica che intavoli una conferenza sulla storia del conflitto arabo-israeliano e li illumini sulle responsabilita` reciproche? Sono le prime persone che si mostrano gentili e ospitali con me oggi, dovro`pur concedergli un genuino fuck you America, no?!
Da questo momento in poi tutti quelli che incontro mi danno da dire, mi vogliono aiutare a tutti i costi, mi vogliono accompagnare in macchina o in motorino alla mia destinazione (una scuola cristina dove dovrei chiedere ospitalita` per stanotte), vogliono farsi fotografare, fotografare me stesso pensando che mi faccia piacere.
Sono ormai nel centro di questa citta`moderna, piuttosto brutta, tutto cemento. Ma devo dire che con questa umanita` varia, chiassosa, sorridente e urlante, l`aspetto estetico della citta` sparisce e diventa tutto uno starci dentro, in un modo coinvolgente.
Un sacco di bambini e ragazzi vanno su cavalli, cavallini, asini, portati senza sella.
Faccio decine di foto, ogni due metri mi fermo a parlare con qualcuno, di qualunque eta`.
Ok, non arrivero` mai alla scuola, di questo passo, mi dico. Anzi, se e` per questo mi sono anche perso!
Fermo un uomo che e` uguale a Mastroianni. E attacco:```La pace sia con te. Sono italiano...!``
``Italiano!?!``
Mastroianni comincia a parlare e non si interrompe per 2 minuti: si chiama Mohammed, è avvocato, ha stuidiato legge a Cagliari, ha vissuto in Italia 7 anni, ama l`Italia (e parla un italiano perfetto), è musulmano non praticante, ha 48 anni, una moglie, 5 figlie, un sacco di fratelli e cugini...
Insomma, dopo 5 minuti sono dentro il studio studio, lui sta chuiamando moglie e amici per organizzare la mia ospitalita` in casa sua e una degna serata all`araba. La cena? A base di costarelle e spiedini di maiale. Si si, maiale.
Mohammed e i suoi amici sono tutti comunisti, convintamente laici, si considerano israeliani e non cambierebbero mai paese, vogliono cambiare le cose politicamente, da dentro. Alcuni di loro scrivono nel giornale del partito comunista israeliano, hanno un associazione culturale per lo scambio tra culture... Potrei scrivere un libro su Mohammed, la sua meravigliosa famiglia e i suoi incredibili amici!
A casa mi trattano come un principe. Afnan, sua moglie, è musulmana praticante; le 5 figlie, dai 4 ai 15 anni, sono tutte insieme l`ottava meraviglia del mondo: la bellezza, la dolcezza, l`intelligenza e la curiosità dello sguardo...
Mohammed racconta a tutti del nostro incredibile incontro e intanto mi fa altre domande; dopo un`oretta che ci siamo incontrati so tutto di lui, sa tutto di me, mi sembra che ci conosciamo da mesi.
Via, dopo la doccia si riparte: io e Mohammed andiamo a mangiare da Orsan. Questo si` che è un personaggio incredibile, dovete credermi. Fa il custode in una segheria di perferia: ovunque cataste di legno, lamiere, macchinari, a coprire un`area enorme.
Tra alcune di queste lamiere, coperte di teli, veli, addossate di materiali, in un guiazzabuglio incredibile, c`è la sua `abitazione`. E` li` che mettiamo su un barbeque e il maiale gia` e` pronto.
Anche Orsan ha lavorato in Italia. Anzi ci ha vissuto 27 anni, si e` fatto una famiglia (e ora vive a meta` tra qui e li`), e ha rifatto i rubinetti degli alberghi di mezza Italia.
Parte il revival filo-italiano della loro giovinezza: canzoni di Battisti, De Andre`, Dalla, De Gregori; Toto`, Troisi, Peppino di Capri, Celentano... Le ``osterie``...
Mangiamo, cantiamo, ridiamo, fumiamo. Parliamo un po` di politica. Io mi rendo conto pian piano che questo è l`incontro perfetto del mio viaggio. Tutte le domande che volevo porre a gente araba e palestinese nel giro di un mese per capire il loro punto di vista e le vere condizioni della loro vita, posso tirarle fuori adesso.
Parliamo di politica israeliana, palestinese, araba, americana, italiana.
Loro due sono preparatissimi; sanno tutto di storia, di risoluzioni Onu, di diritto internazionale...
Vorrei raccontare tutto, ma ci vorrebbe veramente un libro per tutte le informazioni che ho raccolto. Alcune cose già ben note; altre piuttosto inaspettate e sconvolgenti.
Ma non vogliamo appesantire la serata. Mangiamo, cantiamo, beviamo birra, fumiamo, diciamo cazzate. Ci sarà tempo di parlare di cose serie.
Quando Orsan dichiara la sua seria intenzione di tirare fuori dal frigo l`agnello, io e Mohammed scappiamo per non rischiare di non alzarci più dal tavolo.
E poi, la serata sembra non eseere finita. Salta in macchina, e giù, a sgassare per i viottoli della città.
C`è una palazzina con uno spiazzetto davanti, e un centinaio di persone sedute sulle sedie distribuite lungo tutto il perimetro.
``Questa è la casa di mio cuigino. Suo figlio si sposa tra pochi giorni. Qui, prima di un matrimonio c`è festa tutti i dieci giorni precedenti.``
E allora vai con la festa, vai con il caffè, vai con altro cibo (``Mohammed, non mi va più, davvero!``, ``Si, ma questo non si mangia perchè ti va, si mangia per... mangiarlo``, ``Ah, ok``)
Mi presenta tutti. ``Lui è mio cugino, ha la barba lunga vedi, lui è religioso. La sua famiglia viene da Gaza. Io non lo capisco... ma lo rispetto, certo``
``Questo è mio fratello, questo è mio cugino, questo è un altro fratello, questo è mio nipote, questo è suo fratello, questo è quello che si sposa, questo è mio cuigino...``
``E la donne? Non ci sono?``
``Ma certo sono di la`, con altri ragazzi.``
Ecco cos`è questa musica forte, con aggiunta di tamburi dal vivo se non sbaglio, schimazzi, e rumori di danze concitate che viene da una stanza dentro la palazzina.
Basta, si va a casa. Domattina partiamo presto.
Partiamo, sì: Mohammed mi ha convinto a cambiare i miei programmi: lui deve andare a Gerusalemme con un suo amico e collega avvocato. La mia intenzione era di fare un giro lungo per arrivare alla santissima città, ma come posso perdere l`occasione di un viaggio in macchina di 4 ore in cui potrò fare tutte le domande possibili e immaginabili su Palestina, Israele, convivenza, conflitti, opinioni, prospettive, ecc, a due persone colte, informate, impegnate, disponibili, arabe? Sono qui anche per questo, voglio sapere tutto.
A casa... non è ancora finita.
Le 6 `donne` di casa ci aspettano sveglie. Le bambine sono in fibrillazione. Vogliono sapere tutto di me.
Ci sediamo davanti all`ingresso della casa, sui gradini che danno su un piccolo giardinetto con alberi da frutta...
9/08 - Afek, un fico d'india e mezzo sorriso dal kibbutz
Mi sono messo a camminare stamattina alle 8. La sciagurata moglie di Walid mi ha fregato: mi ha venduto per 1 euro una bottiglia d'acqua... del rubinetto.
Butto via tutto, che non mi faccia male, e ho 15 minuti di sfrigolante razzismo in cui rivivifico tutto il repertorio dei pregiudizi anti-arabi a disposizione di un giovane europeo: ladri, cialtroni, truffatori, sporchi, bugiardi, bastardi e assassini. Ok, mi e' passata.
Andando avanti poi non trovo piu' negozi per fare rifornimento. Fatto sta che alle 9 di mattina fanno gia´ 40 gradi e ad Afekm tappa intermedia del mio cammino di oggi, ci arrivo alle 13 completamente disidratato.
Praticamente morto e gia' mummificato.
ASfek e' un piccolo "coso" con delle abitazioni in mezzo, sperso tra km e km di campi massacrati dal sole, dove anche i girasoli sembrano agonizzare e la terra e' cosi' arsa da diventare polvere.
Oltrepasso il cancello: sembra essere l'unico varco in un lungo perimetro di recinto e filo spinato.
Ho ancora un'autonomia di 25 secondi prima del decesso. Essere umano che mi salvi urgentemente cercasi...
Una donna, donnona, sui 50... e' lei!
- Excuse me! Shalom! Dove posso trovare dell'acqua?
Con sguardo truce lei esce dal suo praticello, mi si avvicina lentamente, mi squadra sprizzando diffidenza. Usndo il numero minimo indispensabile di parole mi indica dove trovare il market. Forse e' chiuso, pero' -aggiunge.
Deglutisco poche molecole di saliva, schifosamente secca.
La donnona sta per tornare a farsi i fatti suoi, ma poi la mano divina prende i suoi occho e li guida a guardare meglio nell'ombra della visiera del mio cappello.
- Vieni, intanto ti do un bicchiere per non disidratarti.
Grazie.
Non e' che abbia perso lo sguardo truce, comunque.
Mentre andiamo verso il suo casottino -che sembra un bungalow in muratura, identico a parecchi altri distribuiti a distanza regolare nello spiazzo recintato- cerco di intavolare una conversazione. La curiosita' e' piu' forte della spossatezza.
- Questo e' un kibbutz, vero?
- Si.
- Ehm... io sono italiano.
- Ah.
- Ehm... sto andando a Gerusalemme. A piedi.
- Ah. Sei religioso.
- Be'... in un certo senso! Non fanatico, pero', capisci? [no, ti prego, non avviare una discussione teologica proprio ora...] E' che mi piace camminare. [ecco, bravo]
- Mh mh.
Non e' facile, signori. Pero' durante questo scambio di battute, pur senza mai perdere lo sguardo truce, la signora del kibbutz mi offre un fico d'india sbucciato dal catino che tiene in mano. Lo divoro sperando che possa idratarmi almeno il necessario per arrivare a bere questo famoso bicchiere.
Arriviamo alla sua porta e lei mi stoppa: ha appena lavato il pavimento.
Sparisce dentro casa. Con la pelle arsa viva dal sole che, vi giuro, non perdona, cerco disperatamente di appiattirmi per poter beneficiare dei 15 centrimetri di ombra che getta una minima tettoia.
Glu glu. Rinasco. Un po'.
- Allora grazie. E' stata gentilissima.
- Ok. No, aspetta. Ti riempio anche una bottiglia.
Ecco. Le ho fatto pena. Perde addirittura un po' della sua spiccata somiglianza col Clint Eastwood dei tempi d'oro. Non lo sguardo truce, comunque.
Sparisce di nuovo in cucina. Meta' corpo respira, meta' sta per essere pronto per essere servito a tavola, fuma. Min scolo il mezzo litro davanti ai suoi occhi.
Intanto il suo cane scodinzola, guaisce e mi lecca le caviglie.
Una ventina di caseggiati bassi, del tutto anonimi e disadorni, tipo container, distribuiti ordinatamente, con parecchia distanza tra l'uno e l'altro, collegati da vioottoli pedonali di rozzo cemento, in un'area grande come un campo da calcio o poco piu', in cui sono riusciti a fare crescere un sofferente manto d'erba e una decina di alberi.
Come ho detto, tutto intorno corre il filo spinato. Lungo tutti il perimetro, all'interno del recinto, ci sono diversi edifici bassi e brutti; si capisce che sono dedicati a piccole attivita' industriali. Decentrato, il cuore della vita pubblica: un palazzo di tre piani arancione che riunisce market, mensa, posta (o meglio: stanzina delle caselle postali), bibliotechina, quattro panchine all'ombra di una tettoia. In tutto' cio' non si vede neanche un'insegna o una scritta, in qualsivoglia lingua.
Il market, poi, e' una stanza con dieci scaffali semivuoti e quattro grossi frigo, due dei quali con il portellone non trasparente: ci metto un po', apri e chiudi, apri e chiudi, a trovare una bottiglia d'acqua.
Insomma, si direbbe che niente qui e' pensato per essere a disposizione di qualcuno che non viva qui, magari da sempre e per sempre. La "comunicazione" non ha molto senso in effetti. Chissa' se e' mai passato un altro viaggiatore, da qui?
Mi fermo a riposare su una panchina all'ombra. Mi acquatto come un predatore aspettando che passi qualcuno che mi permetta di scoprire qualcosa su questo famoso mondo dei kibbutz.
Forza, venite fuori! Cristo non c'e' nessuno?!
Dopo una mezz'ora comincia ad apparire qualche sagoma. Ogni dieci minuti una donna va al market, un vecchio va alla posta, un ragazzo va al market, un uomo va alla mensa.
Io ci provo con tutti: Shalom! Sono italian...
Gli sguardi truci si alternano ai non-sguardi, quindi al terzo tentativo mi limito allo "Shalom". Poi mi deprimo e la smetto del tutto.
Mi alzo e faccio una foto: dovro' portarmi via qualcosa da questo kibbutz, se non qualche informazione di prima mano, almeno un'immagine!
Ed ecco che mentre scatto mi sbucano dentro l'inquadratura due ragazzetti, un lui e una lei, paffuti pure loro, di 12 o 13 anni.
Lui mi guarda truce e dice qualcosa in ebraico.
Scuoto la testa:- English? Anglit? - supplico.
Lei, truce, in inglese:- Vuole sapere cosa hai fotografato.
Ecco. Ho fatto qualcosa che non andava fatto. Ho infranto le regole. Ora chimeranno i grandi. E se la mamma somiglia a Clint Eastwood, il papa'...
- Ho fotografato la... il... il kibbutz! (Si puo' dire?! loro lo chiamano davvero cosi?!? non suonera' irriverente?!?!?)
- Ah.
Bene, non fanno una piega. Allora vado io all'attacco, coi bambini e' piu' facile.
- Italiano!
- Parli italiano?! - dice lei, in italiano. L'ho conquistata, me lo sento.
- SONO italiano!
Mi spiega che ha qualche specie di parente italiano. Non si puo' sapere di piu'.
- Dove vai?
- A Gerusalemme. A piedi - Vediamo se con questo la stendo...
- Ah.
Ho capito. Qui non si cava un ragno dal buco, mi sono stufato.
Invece almeno un ragno lo voglio cavare, una cosa me la devi dire, cara bimba grassottella:
- Quanta gente vive qui?
- 300. Non famiglie. Persone.
- Ok, ciao, shalom.
Si, puoi andare piccola. Considerando questa arsura della terra e del dialogo, il tuo mezzo sorriso fatto in extremis mi bastera' per arrivare fino alla meta di oggi.
Riparto.
Uscendo dal kibbutz cerco di capire a cosa potrei paragonare questo fazzoletto di terra popolato di umani in mezzo al nulla: forse un incrocio tra una citta' del Klondike vent'anni dopo, un soviet in cui non sia mai giunta la notizia che l'URSS e' crollata, un villaggio turistico abbandonato dai turisti perche' un giorno e' sparito il mare.
Butto via tutto, che non mi faccia male, e ho 15 minuti di sfrigolante razzismo in cui rivivifico tutto il repertorio dei pregiudizi anti-arabi a disposizione di un giovane europeo: ladri, cialtroni, truffatori, sporchi, bugiardi, bastardi e assassini. Ok, mi e' passata.
Andando avanti poi non trovo piu' negozi per fare rifornimento. Fatto sta che alle 9 di mattina fanno gia´ 40 gradi e ad Afekm tappa intermedia del mio cammino di oggi, ci arrivo alle 13 completamente disidratato.
Praticamente morto e gia' mummificato.
ASfek e' un piccolo "coso" con delle abitazioni in mezzo, sperso tra km e km di campi massacrati dal sole, dove anche i girasoli sembrano agonizzare e la terra e' cosi' arsa da diventare polvere.
Oltrepasso il cancello: sembra essere l'unico varco in un lungo perimetro di recinto e filo spinato.
Ho ancora un'autonomia di 25 secondi prima del decesso. Essere umano che mi salvi urgentemente cercasi...
Una donna, donnona, sui 50... e' lei!
- Excuse me! Shalom! Dove posso trovare dell'acqua?
Con sguardo truce lei esce dal suo praticello, mi si avvicina lentamente, mi squadra sprizzando diffidenza. Usndo il numero minimo indispensabile di parole mi indica dove trovare il market. Forse e' chiuso, pero' -aggiunge.
Deglutisco poche molecole di saliva, schifosamente secca.
La donnona sta per tornare a farsi i fatti suoi, ma poi la mano divina prende i suoi occho e li guida a guardare meglio nell'ombra della visiera del mio cappello.
- Vieni, intanto ti do un bicchiere per non disidratarti.
Grazie.
Non e' che abbia perso lo sguardo truce, comunque.
Mentre andiamo verso il suo casottino -che sembra un bungalow in muratura, identico a parecchi altri distribuiti a distanza regolare nello spiazzo recintato- cerco di intavolare una conversazione. La curiosita' e' piu' forte della spossatezza.
- Questo e' un kibbutz, vero?
- Si.
- Ehm... io sono italiano.
- Ah.
- Ehm... sto andando a Gerusalemme. A piedi.
- Ah. Sei religioso.
- Be'... in un certo senso! Non fanatico, pero', capisci? [no, ti prego, non avviare una discussione teologica proprio ora...] E' che mi piace camminare. [ecco, bravo]
- Mh mh.
Non e' facile, signori. Pero' durante questo scambio di battute, pur senza mai perdere lo sguardo truce, la signora del kibbutz mi offre un fico d'india sbucciato dal catino che tiene in mano. Lo divoro sperando che possa idratarmi almeno il necessario per arrivare a bere questo famoso bicchiere.
Arriviamo alla sua porta e lei mi stoppa: ha appena lavato il pavimento.
Sparisce dentro casa. Con la pelle arsa viva dal sole che, vi giuro, non perdona, cerco disperatamente di appiattirmi per poter beneficiare dei 15 centrimetri di ombra che getta una minima tettoia.
Glu glu. Rinasco. Un po'.
- Allora grazie. E' stata gentilissima.
- Ok. No, aspetta. Ti riempio anche una bottiglia.
Ecco. Le ho fatto pena. Perde addirittura un po' della sua spiccata somiglianza col Clint Eastwood dei tempi d'oro. Non lo sguardo truce, comunque.
Sparisce di nuovo in cucina. Meta' corpo respira, meta' sta per essere pronto per essere servito a tavola, fuma. Min scolo il mezzo litro davanti ai suoi occhi.
Intanto il suo cane scodinzola, guaisce e mi lecca le caviglie.
Una ventina di caseggiati bassi, del tutto anonimi e disadorni, tipo container, distribuiti ordinatamente, con parecchia distanza tra l'uno e l'altro, collegati da vioottoli pedonali di rozzo cemento, in un'area grande come un campo da calcio o poco piu', in cui sono riusciti a fare crescere un sofferente manto d'erba e una decina di alberi.
Come ho detto, tutto intorno corre il filo spinato. Lungo tutti il perimetro, all'interno del recinto, ci sono diversi edifici bassi e brutti; si capisce che sono dedicati a piccole attivita' industriali. Decentrato, il cuore della vita pubblica: un palazzo di tre piani arancione che riunisce market, mensa, posta (o meglio: stanzina delle caselle postali), bibliotechina, quattro panchine all'ombra di una tettoia. In tutto' cio' non si vede neanche un'insegna o una scritta, in qualsivoglia lingua.
Il market, poi, e' una stanza con dieci scaffali semivuoti e quattro grossi frigo, due dei quali con il portellone non trasparente: ci metto un po', apri e chiudi, apri e chiudi, a trovare una bottiglia d'acqua.
Insomma, si direbbe che niente qui e' pensato per essere a disposizione di qualcuno che non viva qui, magari da sempre e per sempre. La "comunicazione" non ha molto senso in effetti. Chissa' se e' mai passato un altro viaggiatore, da qui?
Mi fermo a riposare su una panchina all'ombra. Mi acquatto come un predatore aspettando che passi qualcuno che mi permetta di scoprire qualcosa su questo famoso mondo dei kibbutz.
Forza, venite fuori! Cristo non c'e' nessuno?!
Dopo una mezz'ora comincia ad apparire qualche sagoma. Ogni dieci minuti una donna va al market, un vecchio va alla posta, un ragazzo va al market, un uomo va alla mensa.
Io ci provo con tutti: Shalom! Sono italian...
Gli sguardi truci si alternano ai non-sguardi, quindi al terzo tentativo mi limito allo "Shalom". Poi mi deprimo e la smetto del tutto.
Mi alzo e faccio una foto: dovro' portarmi via qualcosa da questo kibbutz, se non qualche informazione di prima mano, almeno un'immagine!
Ed ecco che mentre scatto mi sbucano dentro l'inquadratura due ragazzetti, un lui e una lei, paffuti pure loro, di 12 o 13 anni.
Lui mi guarda truce e dice qualcosa in ebraico.
Scuoto la testa:- English? Anglit? - supplico.
Lei, truce, in inglese:- Vuole sapere cosa hai fotografato.
Ecco. Ho fatto qualcosa che non andava fatto. Ho infranto le regole. Ora chimeranno i grandi. E se la mamma somiglia a Clint Eastwood, il papa'...
- Ho fotografato la... il... il kibbutz! (Si puo' dire?! loro lo chiamano davvero cosi?!? non suonera' irriverente?!?!?)
- Ah.
Bene, non fanno una piega. Allora vado io all'attacco, coi bambini e' piu' facile.
- Italiano!
- Parli italiano?! - dice lei, in italiano. L'ho conquistata, me lo sento.
- SONO italiano!
Mi spiega che ha qualche specie di parente italiano. Non si puo' sapere di piu'.
- Dove vai?
- A Gerusalemme. A piedi - Vediamo se con questo la stendo...
- Ah.
Ho capito. Qui non si cava un ragno dal buco, mi sono stufato.
Invece almeno un ragno lo voglio cavare, una cosa me la devi dire, cara bimba grassottella:
- Quanta gente vive qui?
- 300. Non famiglie. Persone.
- Ok, ciao, shalom.
Si, puoi andare piccola. Considerando questa arsura della terra e del dialogo, il tuo mezzo sorriso fatto in extremis mi bastera' per arrivare fino alla meta di oggi.
Riparto.
Uscendo dal kibbutz cerco di capire a cosa potrei paragonare questo fazzoletto di terra popolato di umani in mezzo al nulla: forse un incrocio tra una citta' del Klondike vent'anni dopo, un soviet in cui non sia mai giunta la notizia che l'URSS e' crollata, un villaggio turistico abbandonato dai turisti perche' un giorno e' sparito il mare.
8/08 - Ma i palestinesi sognano pecore elettriche?
Ad Akko continuo a incontrare persone, diversi italiani, che vengono dalla Cisgiordania e mi riempiono di racconti freschi, di prima mano.
Basta, devo rimettermi in viaggio verso Gerusalemme e da li` cercare di visitare Ramallah, Nablus, Jenin, Gerico, Hebron...
Akko, dolce, bellissima, incantevole citta`, addio: domani mi dirigo a piedi verso Nazareth (che dista circa 45 km); mi fermero` probabilmente a Iblin, a meta` strada.
Ma prima di lasciare la costa mediterranea, dove e` impossibile pensare realmente che da qualche altra parte gli ebrei e i musulmani (e all`occasione i cristiani) si massacrino a vicenda, voglio raccontare qualcosa di Haifa, tornando indietro di due giorni.
Haifa e` dall`altra parte del golfo sui cui mi trovo tutt`ora, dal porto di Akko la citta` coi suoi grattacieli costruiti in cima alla collina si vede bene. La citta` e` vivace e carina, ma e` famosissima per via del santuario della religione Baha`i. Baha`i e` un nuovo monoteismo che pretende di sostituire gli altri tre precedenti, assorbendo aspetti di tutti -i testi sacri, i profeti, alcuni principi- come ha fatto il cristinesimo e poi l`islam. E` nata nel 1800 da un visionario persiano che non centrava niente con la Terra Santa, senonche`, essendo stato incarcerato ed esiliato per via delle sue idee troppo moderne fu spedito prima a marcire a Istanbul, poi nelle prigioni di Akko, dove e` morto. Da Akko i suoi seguaci hanno portato la salma ad Haifa, perche` c`era una vista migliore sul mare (suppongo); per onorarlo hanno costruito quello che e` definito "il piu` bel giardino del Medio Oriente". Niente male in effetti, confermo: 18 terrazze curate fino all`ultimo filo d`erba, che scendono digradando da in cima alla collina fino quasi al mare.
La cosa piu` buffa e` che secondo tale fondatore era vietato abitare in Terra Santa, proprio perche` essendo santa sarebbe una profanazione. I segueci del bahaismo (6 milioni in tutto il mondo) osservano strettamente questa indicazione: vengono per periodi limitati a rotazione, per prendersi cura in modo manialcale del giardino e della tomba. Insomma, in Terra Santa ci abita un solo Baha`i: il fondatore. Da morto.
La mia seconda sera in Israle mi aggiravo per i viottoli tortuosi di Haifa, improvvisamente vuoti e bui, e piuttosti tenebrosi a dire la verita`, pieni di brutti ceffi acquattati nell`ombra sicuramente pronti ad uccidermi per 10 schekel.
Ma io dovevo trovare qualcosa da mangiare!
Trovato l`unico posto ancora aperto che faceva panini e trovatomi in mano qualcosa di enorme che non poteva essere ingurgitato nella sua interezza, ho cercato un posto dove mangiarlo con calma.
L`intuito, sfidando timori e pregiudizi, mi ha portato a sedermi su una panchina, nel famoso vicolo buio, dove 4 di questi "brutti ceffi" discutevano se tagliarmi la gola o spararmi in pancia.
Ameer, Tamer, Morad, Aisa.
Abbiamo chiacchierato per due ore come vecchi amici, arsi di curiosita` reciproca, raccontandoci di tutto e scherzando molto, facendo giochi di parole, insegnandoci canzoni, fumando a turno l`odoroso narghila.
Morad, il piu` giovane, non ha vent`anni, mi dice: "Perche` in Italia sono tutti tranquilli? Mio cuigino studia in Italia e mi dice che la gente e` sempre rilassata."
Sono proprio curioso di approfondire questa visione inedita degli italiani...
"Qui sono tutti cattivi -continua-, no, non tutti: 50 e 50. Uccidono, rubano, c`e` la mafia. Ad Haifa e` piu` tranquillo pero`, noi siamo `good`. Guarda: io sono cristiano, lui e` cristiano, lui e lui sono musulmani. Siamo amici, veniamo qui tutte le sere, parliamo, fumiamo. Tutti i gioprni dopo il lavoro. Viviamo nello stesso vicolo. Perche` dovrebbe esserci problema? Qui l`unico problema e` stato quando nel 2006 il Libano lanciava i razzi katyusha su Haifa: un razzo e` caduto accanto a casa mia... BOOM!"
"Io vorrei andare a lavorare negli Stati Uniti, se potessi", questo invce e` Ameer.
"Perche` dalla altre parti ci sono problemi tra gli ebrei e i musulamni?", mi azzardo a chiedere.
Tuomi, quello che ha portato il narghila, risponde per tutti: "Non lo so".
Poi tutti restano in silenzio per un bel pezzo.
Le poche parole di Tuomi e il silenzio che segue, li considero una risposta soddisfacente. Anzi, la migliore che possi ricevere.
Dovevo venire qui per sentirla, questa saggia risposta, incontrare questi arabi poveracci, curiosi, nati in questa citta` dove moriranno senza esserne mai usciti.
Poi torniamo a scherza, e, per qualche via tortuosa come questi vicoli, finiamo a parlare di "asini e trasformazioni". A questo punto chiedo se conoscono la storia di Pinocchio. La conosono. L`argomento li tocca, in un modo indicibile e istintivo; si infervorano. D diventare un essere umano vero, diventare animale; la realta`, l`illusione...
Rifletto: la loro vita ristagna giorno per giorno in una condizione limbica, isolata dal resto del mondo -a partire dal resto del mondo arabo.
Una tale condizione di impotenza: vedono ogni giorno prendere decisioni sulla loro testa, contro di loro, anche solo simbolicamente, come nella storiella del `Gesu` di Akko, oppure con notizie quotidiane di morti e feriti nei territori occupati, che riguardano magari i loro parenti. E non possono appellarsi a niente. Possono attaccarsi solo a un vago e inefficace sdegno internazionale, che in 50 anni non ha portato a nulla, con tutte le risoluzioni Onu regolarmente violate dai vari governi Israeliani, e nessuna ripercussione. (Non sto dicendo che Arafat non ha colpe e responsabilta`, calma!, ma questo e` un altro discorso).
Una condizione cosi` sospesa e incompiuta che mi fa pensare a un Pinocchio bloccato a meta` della trasformazione - meta` ancora legno, meta` gia` uomo,e che ormai non va ne` avanti ne` indietro.
Come i replicanti di P.K.Dick.
E, piu` o meno come nella condizione di tutti gli `androidi`, il vivere, il morire, l`uccidere, il lascair vivere, il senso del miracolo, la tragedia, il salvare qualcuno, il perdere la padre o il fratello, sono cose talmente contigue, separate da un cosi` labile confine, che a uno di questi androidi imprigionati potrebbe capitare in un solo giorno di attraversarle tutte; e a un altro, stordito dal boato della Storia che gli passa sopra con la violenza di un carrarmato, potrebbe capitare di confodere una cosa per l`altra, tragicamente, la morte con la vita.
Ok, chiedo scusa per la retorica, e` scappata di mano anche a me. Ma gia` qui, nella costa occidentale, "paradiso della convivenza tra ebrei e arabi", quello che vedo, quello che sento raccontare, mi sta toccando nel profondo.
Vedo i loro occhi, capite?, parlo con loro. Qualcosa viene scambiato per sempre, e nel momento di salutarci, con questi 4 quattro ragazzi di Haifa, con i 3 che ho conosciuto in due giorni ad Akko, c`e` una scintilla che vedo nello sguardo, un prolungare la stretta di mano per quella frazione di secondo che impedisce di andare a letto e mettersi a pensare a tutt`altro.
Basta, devo rimettermi in viaggio verso Gerusalemme e da li` cercare di visitare Ramallah, Nablus, Jenin, Gerico, Hebron...
Akko, dolce, bellissima, incantevole citta`, addio: domani mi dirigo a piedi verso Nazareth (che dista circa 45 km); mi fermero` probabilmente a Iblin, a meta` strada.
Ma prima di lasciare la costa mediterranea, dove e` impossibile pensare realmente che da qualche altra parte gli ebrei e i musulmani (e all`occasione i cristiani) si massacrino a vicenda, voglio raccontare qualcosa di Haifa, tornando indietro di due giorni.
Haifa e` dall`altra parte del golfo sui cui mi trovo tutt`ora, dal porto di Akko la citta` coi suoi grattacieli costruiti in cima alla collina si vede bene. La citta` e` vivace e carina, ma e` famosissima per via del santuario della religione Baha`i. Baha`i e` un nuovo monoteismo che pretende di sostituire gli altri tre precedenti, assorbendo aspetti di tutti -i testi sacri, i profeti, alcuni principi- come ha fatto il cristinesimo e poi l`islam. E` nata nel 1800 da un visionario persiano che non centrava niente con la Terra Santa, senonche`, essendo stato incarcerato ed esiliato per via delle sue idee troppo moderne fu spedito prima a marcire a Istanbul, poi nelle prigioni di Akko, dove e` morto. Da Akko i suoi seguaci hanno portato la salma ad Haifa, perche` c`era una vista migliore sul mare (suppongo); per onorarlo hanno costruito quello che e` definito "il piu` bel giardino del Medio Oriente". Niente male in effetti, confermo: 18 terrazze curate fino all`ultimo filo d`erba, che scendono digradando da in cima alla collina fino quasi al mare.
La cosa piu` buffa e` che secondo tale fondatore era vietato abitare in Terra Santa, proprio perche` essendo santa sarebbe una profanazione. I segueci del bahaismo (6 milioni in tutto il mondo) osservano strettamente questa indicazione: vengono per periodi limitati a rotazione, per prendersi cura in modo manialcale del giardino e della tomba. Insomma, in Terra Santa ci abita un solo Baha`i: il fondatore. Da morto.
La mia seconda sera in Israle mi aggiravo per i viottoli tortuosi di Haifa, improvvisamente vuoti e bui, e piuttosti tenebrosi a dire la verita`, pieni di brutti ceffi acquattati nell`ombra sicuramente pronti ad uccidermi per 10 schekel.
Ma io dovevo trovare qualcosa da mangiare!
Trovato l`unico posto ancora aperto che faceva panini e trovatomi in mano qualcosa di enorme che non poteva essere ingurgitato nella sua interezza, ho cercato un posto dove mangiarlo con calma.
L`intuito, sfidando timori e pregiudizi, mi ha portato a sedermi su una panchina, nel famoso vicolo buio, dove 4 di questi "brutti ceffi" discutevano se tagliarmi la gola o spararmi in pancia.
Ameer, Tamer, Morad, Aisa.
Abbiamo chiacchierato per due ore come vecchi amici, arsi di curiosita` reciproca, raccontandoci di tutto e scherzando molto, facendo giochi di parole, insegnandoci canzoni, fumando a turno l`odoroso narghila.
Morad, il piu` giovane, non ha vent`anni, mi dice: "Perche` in Italia sono tutti tranquilli? Mio cuigino studia in Italia e mi dice che la gente e` sempre rilassata."
Sono proprio curioso di approfondire questa visione inedita degli italiani...
"Qui sono tutti cattivi -continua-, no, non tutti: 50 e 50. Uccidono, rubano, c`e` la mafia. Ad Haifa e` piu` tranquillo pero`, noi siamo `good`. Guarda: io sono cristiano, lui e` cristiano, lui e lui sono musulmani. Siamo amici, veniamo qui tutte le sere, parliamo, fumiamo. Tutti i gioprni dopo il lavoro. Viviamo nello stesso vicolo. Perche` dovrebbe esserci problema? Qui l`unico problema e` stato quando nel 2006 il Libano lanciava i razzi katyusha su Haifa: un razzo e` caduto accanto a casa mia... BOOM!"
"Io vorrei andare a lavorare negli Stati Uniti, se potessi", questo invce e` Ameer.
"Perche` dalla altre parti ci sono problemi tra gli ebrei e i musulamni?", mi azzardo a chiedere.
Tuomi, quello che ha portato il narghila, risponde per tutti: "Non lo so".
Poi tutti restano in silenzio per un bel pezzo.
Le poche parole di Tuomi e il silenzio che segue, li considero una risposta soddisfacente. Anzi, la migliore che possi ricevere.
Dovevo venire qui per sentirla, questa saggia risposta, incontrare questi arabi poveracci, curiosi, nati in questa citta` dove moriranno senza esserne mai usciti.
Poi torniamo a scherza, e, per qualche via tortuosa come questi vicoli, finiamo a parlare di "asini e trasformazioni". A questo punto chiedo se conoscono la storia di Pinocchio. La conosono. L`argomento li tocca, in un modo indicibile e istintivo; si infervorano. D diventare un essere umano vero, diventare animale; la realta`, l`illusione...
Rifletto: la loro vita ristagna giorno per giorno in una condizione limbica, isolata dal resto del mondo -a partire dal resto del mondo arabo.
Una tale condizione di impotenza: vedono ogni giorno prendere decisioni sulla loro testa, contro di loro, anche solo simbolicamente, come nella storiella del `Gesu` di Akko, oppure con notizie quotidiane di morti e feriti nei territori occupati, che riguardano magari i loro parenti. E non possono appellarsi a niente. Possono attaccarsi solo a un vago e inefficace sdegno internazionale, che in 50 anni non ha portato a nulla, con tutte le risoluzioni Onu regolarmente violate dai vari governi Israeliani, e nessuna ripercussione. (Non sto dicendo che Arafat non ha colpe e responsabilta`, calma!, ma questo e` un altro discorso).
Una condizione cosi` sospesa e incompiuta che mi fa pensare a un Pinocchio bloccato a meta` della trasformazione - meta` ancora legno, meta` gia` uomo,e che ormai non va ne` avanti ne` indietro.
Come i replicanti di P.K.Dick.
E, piu` o meno come nella condizione di tutti gli `androidi`, il vivere, il morire, l`uccidere, il lascair vivere, il senso del miracolo, la tragedia, il salvare qualcuno, il perdere la padre o il fratello, sono cose talmente contigue, separate da un cosi` labile confine, che a uno di questi androidi imprigionati potrebbe capitare in un solo giorno di attraversarle tutte; e a un altro, stordito dal boato della Storia che gli passa sopra con la violenza di un carrarmato, potrebbe capitare di confodere una cosa per l`altra, tragicamente, la morte con la vita.
Ok, chiedo scusa per la retorica, e` scappata di mano anche a me. Ma gia` qui, nella costa occidentale, "paradiso della convivenza tra ebrei e arabi", quello che vedo, quello che sento raccontare, mi sta toccando nel profondo.
Vedo i loro occhi, capite?, parlo con loro. Qualcosa viene scambiato per sempre, e nel momento di salutarci, con questi 4 quattro ragazzi di Haifa, con i 3 che ho conosciuto in due giorni ad Akko, c`e` una scintilla che vedo nello sguardo, un prolungare la stretta di mano per quella frazione di secondo che impedisce di andare a letto e mettersi a pensare a tutt`altro.
8/08 - San Quirico d`Orcia e` in Medio Oriete
Dovreste provare a immaginare il posto dove dormo ad Akko: si chiama Akko Gate Hostel, ma e` una casa dove il proprietario, Walid (un omone apparentemente rude che in realta` il secondo giorno si e` rivelato simpaticissimo, a modo suo, vi assicuro che meriterebbe passarci una serata insieme) con intuizione geniale ha costruito una tettoia con pali di legno e tegole sulla sua ampia terrazza, e l`ha rienpita di letti a castello costituiti da pecchi di ponteggio da muratore con tavole di legno e materassini alti 5 cm appoggiati sopra. Non finisce qui: in tutta la casa sono in corso lavori edili pesanti (Walid vuole costruire un ostello serio e un bar nella terrazza, dice) e i muratori, dalle 12 alle 17 usano la stanza-terrazza come deposito di materiali, segheria, ecc.
Per riassumere il tutto in un`immagine romantica, stamattina mi sono svegliato ricoperto da 1 cm di polvere di gesso.
Buffo, ma sono quasi affezionato a questo posto, come tutti gli altri viaggiatori che vi alloggiano (alcuni anche molto piu` schizzinosi di me, tra l`altro!). Ha qualcosa di magico, la sua atmosfera, gli orpelli appesi ovunque, la presenza rumorosa e invadnte di Walid, la strana divertita solidarieta` che nasce tra tutti gli ospiti internazionali.
E poi... ecco che cosa mi ha veramente convinto a fermarmi qui anche per la mia seconda notte ad Akko: stamattina apro gli occhi scostando il centimetro di polvere di gesso e cosa vedono i miei occhi, tra un ombrello ondeggiante appeso a un trave e un intrico di cordame che corre lungo tutto il soffitto? Le tegole! Be`?, pensera` qualcuno. Be`, ogni tegola ha inciso il suo riferimento di produzione:
COTTOSENESE - SAN QUIRICO D`ORCIA - MADE IN ITALY
Amici miei... Italia, Toscana... Passavo da S. Quirico appena 6 giorni fa, tornando da una gita in Maremma con Ramona...
Lasciatemi chiudere gli occhi un attimo e pensare: SONO A CASA!
Per riassumere il tutto in un`immagine romantica, stamattina mi sono svegliato ricoperto da 1 cm di polvere di gesso.
Buffo, ma sono quasi affezionato a questo posto, come tutti gli altri viaggiatori che vi alloggiano (alcuni anche molto piu` schizzinosi di me, tra l`altro!). Ha qualcosa di magico, la sua atmosfera, gli orpelli appesi ovunque, la presenza rumorosa e invadnte di Walid, la strana divertita solidarieta` che nasce tra tutti gli ospiti internazionali.
E poi... ecco che cosa mi ha veramente convinto a fermarmi qui anche per la mia seconda notte ad Akko: stamattina apro gli occhi scostando il centimetro di polvere di gesso e cosa vedono i miei occhi, tra un ombrello ondeggiante appeso a un trave e un intrico di cordame che corre lungo tutto il soffitto? Le tegole! Be`?, pensera` qualcuno. Be`, ogni tegola ha inciso il suo riferimento di produzione:
COTTOSENESE - SAN QUIRICO D`ORCIA - MADE IN ITALY
Amici miei... Italia, Toscana... Passavo da S. Quirico appena 6 giorni fa, tornando da una gita in Maremma con Ramona...
Lasciatemi chiudere gli occhi un attimo e pensare: SONO A CASA!
8/08 - "Gesu`", l`arabo cristiano che lotto` contro i Templari
Da Tel Aviv ad Haifa ad Akko, risalendo verso nord la costa estremo orientale del mediterraneo, fino quasi al confine col Libano. Guardo dai bastioni della citta` vecchia verso il mare, bagnato da questa luce cosi` forte da farlo sembrare di un azzurro quasi giallo, e penso che laggiù da qualche parte c'è l`Italia, poi altro mare e poi la Spagna e poi l`Atlantico. Questo e` il punto estremo del nostro mare. Forse è il suo inizio visto che non ha una vera fine: la sua fine è il mescolamento con l`Oceano.
Akko mi ha rapito il cuore. Akre, come dicono gli arabi, Acri, dicevano i cristiani ai tempi della loro dominazione.
Questa minuscola citta` e` passata attraverso un incredibile susseguirsi di dominazioni diverse (egizi, fenici, i tolomei, i romani, bisanzio, gli arabi, i crociati, di nuovo gli arabi, i mamelucchi, gli ottomani, gli albanesi, i britannici, gli arabi per qualche mese (gli era stata assegnata dall`Onu nel piano di spartizione della Palestina del `48) e infine gli ebrei, che l`hanno occupata e poco dopo annessa allo Stato di Israele insieme a tutte le terre occupate durante la guerra del `48.
Contrariamente a molti altri casi simili, però, dopo la guerra gli ebrei hanno deciso di lasciare la città agli abitanti arabi e costruire una nuova città ebraica moderna accanto. Quindi Akko è rimasta come fuori dal tempo, un gioiello di puro Oriente in un paese dove tutto è contaminazione, incontro, scontro, fusione, convivenza forzata.
La città è tutta sporta sul mare, circondata da spesse mura difensive, e sembra un labirinto costruito con la sabbia. Le tradizionali case-cubo, i viottoli, le scalette, i tunnel, gli archi, i passaggi, le strade, tutto è fatto con questa pietra gialla, porosa, che sembra sabbia compressa, calda, lucente.
Al centro dell`intrico di cunicoli, grande quanto un quarto dell`intera superficie, c`è il suq. Dovunque tu voglia andare ti trovi a passare attravero il mercato arabo, rimasto totalmente a disposizione degli abitanti (il turismo è quasi inesistente`, solo qualche ragazzo zaino in spalla o volontari che vengono qui per staccare un paio di giorni dall`inferno di Gaza o della West Bank). Niente gadget o ninnoli attira-turisti: solo mari di spezie, semi, frutta fresca e secca, tessuti, pesci, hummus, falafel, odori, suoni, grida, bambini, donne, gatti. I vicoli sono larghi un metro e mezzo e pieni di stand che sporgono fuori dai negozi, sovrapponendosi l`uno sull`altro. Spesso si passa appena in due mettendosi di lato, e dietro ci sono decine di persone che spingono, si intrufolano, rimestano nei sacchi di spezie. E sopra, ovunque, strati su strati, teli e tessuti di tutti i colori che proteggono persone e merci dal sole. Il mercato è qualcosa di talmente pregnante da sembrare un`esperinza extrasensoriale, una volta usciti, trovandosi all`improvviso nel silenzio di vicoli bianchi accecati dal sole, con un vecchio che ti guarda e un gatto sicuramente sdraiato sotto la sua sedia.
La gente e` cordiale, calorosa; chiacchiero con diversi ragazzi, ragazze, uomini, donne, vecchi, gatti, cavalli. Tutti hanno voglia di farsi fotografare, faccio scatti fantastici!
La cosa veramente rilassante e` che da quando sono qui non ho visto neanche un soldato armato di pistole e mitra: in due giorni tra Tel Aviv e Haifa ho visto piu` soldati che civili: per lo piu` ragazzi e ragazze (50 e 50), molti appena diciottenni, brufolosi, alcuni timidi e impacciati, comunque armati di mitra. In treno mi e` capitato di sedermi accanto a un ragazzo in t-shirt giallo canarino, ciabatte, jeans, occhiali da sole. E mitra a tracolla, lungo tanto da arrivare a 10 cm da terra. Aveva l`aria gioviale (come quasi tutti questi ragazzi, che sembrano liceali diretti a una sinistra festa in maschera a tema), gli ho chiesto come mai avesse il mitra ma non la divisa come tutti gli altri. Mi ha risposto tranquillamente che era libero quel giorno. Ma che mai, in nessun caso, puo` andare in giro senza mitra. Comodo. Come mai non riesco a immaginarmi nessuno di questi ragazzi che tira quel grilletto? E come mai invece questo succede, spesso, dannatamente spesso?
Ho anche avuto delle grane con un poliziotto `adulto` (almeno non aveva l`acne): mi ferma nel bel mezzo di una strada di Tel Aviv, mentre sono diretto in stazione, e mi chiede il passaporto. Ok. Poi mi chiede dove vado. In stazione. Mi dice che in stazione non si possono fare foto. Ok, dico. Dice: è per via della sicurezza, capisci, non si possono fare foto. Dico: ma certo. Dice: è per la sicurezza dell`esercito. Dico: ok, non farò foto, anzi guardi, metto la macchina fotografica nello zaino. Dice: non c`è bisogno che metti via la macchina, solo che non puoi fare foto in stazione e nei treni, perche` è una questione di sicurezza. A questo punto capisco che c`è un black out comunicativo e mi ammutolisco. Lui non ha avuto la soddisfazione che voleva ma evidentemente non sa come continuare: gli ho rotto le uova nel paniere. Allora fa una cenno a un altro, con una divisa diversa: questo si avvicina, mi chiede il passaporto, mi fa le stesse domande, poi mi chiede: ti discpiace farmi vedere le foto? Per quanto il tono sia cortese, dal suo sguardo mi sembra che la domanda non preveda piu` di una specifica risposta: "non c`è problema". E comincia a guardarsi una cinquantina di foto, una a una...
Be`, qui ad Akko il clima è completamente diverso.
Ieri mattina, arrivando ad Akko dal lungomare, mi sono imbattuto in uno spettacolo straordinario: in un locale all`aperto (fatto di una decina di pali sgangherati e dei tendoni a riparare dal sole non vi aspettate chissa` che!) si stava svolgendo una festa per l`anniversario di una matrimonio. Provate a immaginare: musica araba rockeggiante a volume altissimo (piu` di quanto state immaginando, sono sicuro), un centinaio di persone prese in una danza concitatissima, le donne, dai 2 agli 80 anni, tutte vestite magnificamente con abiti tradizionali, pieni di colori, di oro e e argento, truccate con raffinatezza, alcune con veli sgargianti, altre coi capelli lunghissimi e sciolti, scatenate e solenni allo stesso tempo, gli uomini a battere forte le mani, ballare, sollevare ragazze, ragazzi, bambini su tutto quell`assembramento impazzito... Vi giuro, vi sareste ricreduti immediatamente se pensavate che le donne arabe siano mortificate e represse (almeno qui)!. Ho fatto un fillmino, poi Sadi, un ragazzo sui 30, mi spiega tutto: questo e` solo l`anticipo della festa vera, che sara` stasera... circa 700 persone.
Verso l'ora del tramonto vado verso il porto, che e` un puro incanto. Al centro del piazzale circondato dall`acqua c`e` una piccola moschea, e li` davanti c`e` un gruppetto di persone che ascolta un tizio che parla al microfono piuttosto concitato. Mi avvicino cerco di capire, domando a un razzo che ha il cappello uguale al mio. E` la commemorazione di un eroe locale: Aisa (che e` il nome di Gesu` in arabo), un arabo cristiano del XII secolo, che pur essendo cristiano combatte` valorosamente contro i crociati, perche` quello era il tempo di Saladino che come si sa era molto amico dei cristiani (solo i crociati non lo sapevano, a quanto pare, lo impararono quando, sconfitti e catturati, vennero tutti liberati senza che gli fosse torto un capello, con la promessa che non avrebbero piu` attaccato la Terra Santa, mentre il Saladino si impegnava a rispettare le comunita` e i luoghi cristiani; invece subito dopo, lo attaccarono di nuovo e questa volta furono letteralmente buttati in mare). Insomma c`e` questa gente commemora questo Aisa, chiaro simbolo della resistenza araba. Ok, ma perche` sembra cosi` arrabbiato, quelo che parla? Fadal (?) mi spiega che pochi giorni fa la municipalita` di Akko ha deciso di cambiare tutti i nomi arabi delle vie della citta` vecchia (abitata solo da arabi come ho detto) con nomi ebraici. Ok, chiaro chiaro.
Un ragazzo con in mano un vassoio di baklava e altri dolcetti si e` avvicinato e ha seguito la nostra conversazione. Si, sono italiano. Sorride, mi offre un pezzo. E` buono. porta una maglietta con la faccia di Che Guevara.
Parlano uoni e donne, per una mezz`ora. Alla fine tutti si baciano, si abbracicano e si stringono le mani.
Il piazziale e` ora pieno di bambini, coppiette, famiglie, che si godono lo spettacolo della citta` investita da una luce rosa e d`oro. L`aria è serena.
Mi fermo anche domani.
Akko mi ha rapito il cuore. Akre, come dicono gli arabi, Acri, dicevano i cristiani ai tempi della loro dominazione.
Questa minuscola citta` e` passata attraverso un incredibile susseguirsi di dominazioni diverse (egizi, fenici, i tolomei, i romani, bisanzio, gli arabi, i crociati, di nuovo gli arabi, i mamelucchi, gli ottomani, gli albanesi, i britannici, gli arabi per qualche mese (gli era stata assegnata dall`Onu nel piano di spartizione della Palestina del `48) e infine gli ebrei, che l`hanno occupata e poco dopo annessa allo Stato di Israele insieme a tutte le terre occupate durante la guerra del `48.
Contrariamente a molti altri casi simili, però, dopo la guerra gli ebrei hanno deciso di lasciare la città agli abitanti arabi e costruire una nuova città ebraica moderna accanto. Quindi Akko è rimasta come fuori dal tempo, un gioiello di puro Oriente in un paese dove tutto è contaminazione, incontro, scontro, fusione, convivenza forzata.
La città è tutta sporta sul mare, circondata da spesse mura difensive, e sembra un labirinto costruito con la sabbia. Le tradizionali case-cubo, i viottoli, le scalette, i tunnel, gli archi, i passaggi, le strade, tutto è fatto con questa pietra gialla, porosa, che sembra sabbia compressa, calda, lucente.
Al centro dell`intrico di cunicoli, grande quanto un quarto dell`intera superficie, c`è il suq. Dovunque tu voglia andare ti trovi a passare attravero il mercato arabo, rimasto totalmente a disposizione degli abitanti (il turismo è quasi inesistente`, solo qualche ragazzo zaino in spalla o volontari che vengono qui per staccare un paio di giorni dall`inferno di Gaza o della West Bank). Niente gadget o ninnoli attira-turisti: solo mari di spezie, semi, frutta fresca e secca, tessuti, pesci, hummus, falafel, odori, suoni, grida, bambini, donne, gatti. I vicoli sono larghi un metro e mezzo e pieni di stand che sporgono fuori dai negozi, sovrapponendosi l`uno sull`altro. Spesso si passa appena in due mettendosi di lato, e dietro ci sono decine di persone che spingono, si intrufolano, rimestano nei sacchi di spezie. E sopra, ovunque, strati su strati, teli e tessuti di tutti i colori che proteggono persone e merci dal sole. Il mercato è qualcosa di talmente pregnante da sembrare un`esperinza extrasensoriale, una volta usciti, trovandosi all`improvviso nel silenzio di vicoli bianchi accecati dal sole, con un vecchio che ti guarda e un gatto sicuramente sdraiato sotto la sua sedia.
La gente e` cordiale, calorosa; chiacchiero con diversi ragazzi, ragazze, uomini, donne, vecchi, gatti, cavalli. Tutti hanno voglia di farsi fotografare, faccio scatti fantastici!
La cosa veramente rilassante e` che da quando sono qui non ho visto neanche un soldato armato di pistole e mitra: in due giorni tra Tel Aviv e Haifa ho visto piu` soldati che civili: per lo piu` ragazzi e ragazze (50 e 50), molti appena diciottenni, brufolosi, alcuni timidi e impacciati, comunque armati di mitra. In treno mi e` capitato di sedermi accanto a un ragazzo in t-shirt giallo canarino, ciabatte, jeans, occhiali da sole. E mitra a tracolla, lungo tanto da arrivare a 10 cm da terra. Aveva l`aria gioviale (come quasi tutti questi ragazzi, che sembrano liceali diretti a una sinistra festa in maschera a tema), gli ho chiesto come mai avesse il mitra ma non la divisa come tutti gli altri. Mi ha risposto tranquillamente che era libero quel giorno. Ma che mai, in nessun caso, puo` andare in giro senza mitra. Comodo. Come mai non riesco a immaginarmi nessuno di questi ragazzi che tira quel grilletto? E come mai invece questo succede, spesso, dannatamente spesso?
Ho anche avuto delle grane con un poliziotto `adulto` (almeno non aveva l`acne): mi ferma nel bel mezzo di una strada di Tel Aviv, mentre sono diretto in stazione, e mi chiede il passaporto. Ok. Poi mi chiede dove vado. In stazione. Mi dice che in stazione non si possono fare foto. Ok, dico. Dice: è per via della sicurezza, capisci, non si possono fare foto. Dico: ma certo. Dice: è per la sicurezza dell`esercito. Dico: ok, non farò foto, anzi guardi, metto la macchina fotografica nello zaino. Dice: non c`è bisogno che metti via la macchina, solo che non puoi fare foto in stazione e nei treni, perche` è una questione di sicurezza. A questo punto capisco che c`è un black out comunicativo e mi ammutolisco. Lui non ha avuto la soddisfazione che voleva ma evidentemente non sa come continuare: gli ho rotto le uova nel paniere. Allora fa una cenno a un altro, con una divisa diversa: questo si avvicina, mi chiede il passaporto, mi fa le stesse domande, poi mi chiede: ti discpiace farmi vedere le foto? Per quanto il tono sia cortese, dal suo sguardo mi sembra che la domanda non preveda piu` di una specifica risposta: "non c`è problema". E comincia a guardarsi una cinquantina di foto, una a una...
Be`, qui ad Akko il clima è completamente diverso.
Ieri mattina, arrivando ad Akko dal lungomare, mi sono imbattuto in uno spettacolo straordinario: in un locale all`aperto (fatto di una decina di pali sgangherati e dei tendoni a riparare dal sole non vi aspettate chissa` che!) si stava svolgendo una festa per l`anniversario di una matrimonio. Provate a immaginare: musica araba rockeggiante a volume altissimo (piu` di quanto state immaginando, sono sicuro), un centinaio di persone prese in una danza concitatissima, le donne, dai 2 agli 80 anni, tutte vestite magnificamente con abiti tradizionali, pieni di colori, di oro e e argento, truccate con raffinatezza, alcune con veli sgargianti, altre coi capelli lunghissimi e sciolti, scatenate e solenni allo stesso tempo, gli uomini a battere forte le mani, ballare, sollevare ragazze, ragazzi, bambini su tutto quell`assembramento impazzito... Vi giuro, vi sareste ricreduti immediatamente se pensavate che le donne arabe siano mortificate e represse (almeno qui)!. Ho fatto un fillmino, poi Sadi, un ragazzo sui 30, mi spiega tutto: questo e` solo l`anticipo della festa vera, che sara` stasera... circa 700 persone.
Verso l'ora del tramonto vado verso il porto, che e` un puro incanto. Al centro del piazzale circondato dall`acqua c`e` una piccola moschea, e li` davanti c`e` un gruppetto di persone che ascolta un tizio che parla al microfono piuttosto concitato. Mi avvicino cerco di capire, domando a un razzo che ha il cappello uguale al mio. E` la commemorazione di un eroe locale: Aisa (che e` il nome di Gesu` in arabo), un arabo cristiano del XII secolo, che pur essendo cristiano combatte` valorosamente contro i crociati, perche` quello era il tempo di Saladino che come si sa era molto amico dei cristiani (solo i crociati non lo sapevano, a quanto pare, lo impararono quando, sconfitti e catturati, vennero tutti liberati senza che gli fosse torto un capello, con la promessa che non avrebbero piu` attaccato la Terra Santa, mentre il Saladino si impegnava a rispettare le comunita` e i luoghi cristiani; invece subito dopo, lo attaccarono di nuovo e questa volta furono letteralmente buttati in mare). Insomma c`e` questa gente commemora questo Aisa, chiaro simbolo della resistenza araba. Ok, ma perche` sembra cosi` arrabbiato, quelo che parla? Fadal (?) mi spiega che pochi giorni fa la municipalita` di Akko ha deciso di cambiare tutti i nomi arabi delle vie della citta` vecchia (abitata solo da arabi come ho detto) con nomi ebraici. Ok, chiaro chiaro.
Un ragazzo con in mano un vassoio di baklava e altri dolcetti si e` avvicinato e ha seguito la nostra conversazione. Si, sono italiano. Sorride, mi offre un pezzo. E` buono. porta una maglietta con la faccia di Che Guevara.
Parlano uoni e donne, per una mezz`ora. Alla fine tutti si baciano, si abbracicano e si stringono le mani.
Il piazziale e` ora pieno di bambini, coppiette, famiglie, che si godono lo spettacolo della citta` investita da una luce rosa e d`oro. L`aria è serena.
Mi fermo anche domani.
4/8 Impruneta, sera prima della partenza
Cari amici,
come molti di voi sanno, domani parto per un viaggio in Israele e Palestina.
Nelle prime due settimane seguirò un itinerario attraverso i luoghi santi cristiani, da Tel Aviv a Gerusalemme, facendo un lungo giro in senso orario che attraversa la Galilea. Cercherò di compiere questo tragitto a piedi, per calarmici palmo a palmo, evitando di saltare da una “cartolina” all’altra, confidando nell’“ospitalità povera” presso monasteri, kibbutz, famiglie palestinesi. Non so esattamente come si svilupperà e se riuscirò in questo intento. Ma sono fiducioso.
La terza e quarta settimana avrò come base Gerusalemme ed esplorerò la realtà della Cisgiordania, visitando villaggi e città arabe (Betlemme, Nablus, Gerico...), cercando di incontrare gente palestinese, per raccogliere storie, volti, nomi, vicinanze, riflessioni.
Se ne avrò l’occasione visiterò alcuni campi profughi (Jenin, Nablus, forse Chatila in Libano).
Che cosa mi aspetta?
Dopo il recente massacro di Gaza i nostri media non hanno più prestato molta attenzione alle faccende israeliane/palestinesi. La situazione però non è affatto stagnante.
Per quello che riguarda i palestinesi: proprio oggi è iniziata a Betlemme la convention di Fatah, già partito di Arafat e ora unico movimento riconosciuto da Israele e dall'Occidente per i negoziati, guidato da Mahmud Abbas (Abu MAzen); l’ultima convention si era svolta nell’89, in concomitanza con l’inizio della prima Intifada, e ne era uscito un documento dai toni agguerriti. Stamattina, in apertura dei lavori, Abbas ha detto che “Fatah e i palestinesi hanno scelto di perseguire la pace con Israele, ma la resistenza resta un’opzione legittima di fronte alle violazioni e agli atti di occupazione israeliani”.
Il che sarebbe già una bella novità; se non fosse che Hamas ha impedito ai delegati di Fatah residenti a Gaza di uscire dalla striscia, usando questo sequestro per forzare Fatah a rilasciare centinaia di militanti di Hamas.
Sul fronte israeliano, in questi giorni i giornali parlano con toni anche critici degli sfratti violenti e illegali ai danni di alcune famiglie palestinesi in Gerusalemme Est, compiuti per stabilire nuovi avamposti ebraici nella parte araba della città, e, probabilmente, con l’intento politico di unificare tutta la città facendo sparire il quartiere arabo. USA e GB hanno condannato con parole durissime l’accaduto, ma il governo israeliano dice che sono questioni giudiziarie, non politiche. Paradossalmente, il governo di destra (estrema) di Netanyahu è attaccato anche da destra, dall’associazione dei coloni inferocita per una presunta “collisione” segreta del governo con alcuni gruppi di sinistra che si oppongono all’espansione delle colonie in terra palestinese (notizia divulgata dalla Radio Militare, non si sa su che basi e a che scopo).
Inoltre stanno uscendo ormai da mesi i rapporti di alcuni organismi internazionali (Amnesty International, ONU, UNICEF...) che dichiarano sulla base dei dati raccolti che l’invasione di Gaza è stata forse la più violenta e criminale iniziativa effettuata da Israele nei confronti della popolazione palestinese da sempre, violando tra l’altro tutte le convenzioni internazionali sui diritti umani, la guerra e l’occupazione militare: 1400 morti (95% civili), tra cui circa 300 bambini, ammazzati in 20 giorni praticamente a sangue freddo (a fronte di 13 soldati israeliani morti).
Infine, l’opinione pubblica israeliana è scossa dalle pubblicazioni su alcuni giornali israeliani (tra cui Haaretz) di confessioni di decine di soldati che hanno partecipato all’operazione, che rivelano retroscena agghiaccianti relativi agli ordini ricevuti (“prima sparate, poi guardate a chi avete sparato”) e al comportamento dei militari (“il clima creato dai superiori ci induceva a sparare a qualunque cosa si muovesse per strada”, “non pensavamo di avere davanti delle persone”).
Per quel che riguarda me e il mio viaggio, la strage di Gaza è stato il primo campanello che è suonato come un richiamo verso quella terra.
Ma in realtà, più che la storia mi attira il senso della Storia. In nessun luogo come in Palestina si consuma la più profonda contraddizione che riguarda (forse da sempre, ma soprattutto dopo il XX secolo) l’umanità intera: la possibilità per l’uomo di inventarsi un suo essere “fuori dalla Storia”, e in opposizione la manifestazione della Storia come violenza assoluta che annichilisce l’uomo e qualunque suo sforzo.
Gerusalemme: città tre volte santa, eterna e mistica! Tritacarne dell’umanità da sempre!
Apocalisse: una Gerusalemme terrena e una Gerusalemme celeste.
Terra Santa: culla delle tre religioni monoteistiche (compreso l’Islam, che ha in Gerusalemme alcuni dei suoi luoghi più santi, e che verso essa indirizzava l’atto della preghiera, almeno fino all’Egira e alla sostituzione con la Mecca).
Terra che, attraverso le tre religioni, ha suscitato le più profonde riflessioni sul rapporto dell’uomo con la Storia, la violenza, il potere, il male, l’uscir fuori dalla Storia, la salvezza, non l’innocenza ma la purificazione, la creazione di alternative alla catena eterna della sopraffazione.
Parto pensando all’origine e all’oggi: cercando i segni di una filosofia della storia pratica, umile, povera, da fare a piedi: l’unica filosofia della storia efficace: nella mia mente vorticano le parole, gli scritti, le vicende di Simone Weil, di Hanna Arendt, di Benjamin, di Dostoevskij, di Francesco d’Assisi, di Gandhi. “Se non c’è speranza (e non c’è speranza) fai del tuo corpo speranza e vai”. Persone che, rinunciando all’ideologia, rinunciando alla real-politick e al buon senso e, in sostanza, rifiutando di “appartenere al secolo” e dando “il corpo come un’offerta vivente” (secondo le massime e definitive raccomandazioni di Paolo), hanno cambiato per sempre il rapporto dell’uomo con la Storia, inventando ciò che prima non esisteva, materialmente, concettualmente, ognuna a suo modo e nel suo ambito.
Parto pensando all’esperimento sociale di Milgram, ispirato al processo ad Eichmann che si svolse a Gerusalemme nel ’60 (in presenza della Arendt, che ne scrisse). Milgram dimostrò che più del 60% della persone normali, scelte a caso, sono disposte a torturare una qualunque altra persona, fino quasi a indurne la morte, purché si presentino tre condizioni: non assistere al supplizio troppo da vicino; avere la garanzia assoluta riguardo l’impunità della propria azione; sapere che l’azione è voluta da un’autorità riconosciuta unanimemente all’interno della propria comunità di riferimento. Milgram elaborò la teoria che “ogni situazione è caratterizzata da una propria ideologia”, il che implicherebbe una costante ridefinizione del significato e del valore morale degli eventi, delle azioni e del proprio ruolo: ciò che una volta è considerato un abominio e un male assoluto, un’altra volta può diventare tranquillamente il frutto della propria azione consapevole.
Parto pensando al cristianesimo, che sento come una strada oscura, puntellata da luci fortissime, che ha condotto la nostra civiltà fino al punto presente: ovviamente anche il razionalismo, l’anticlericalismo, l’ateismo, il socialismo e, in definitiva, il nostro fragile laicismo, sono un frutto naturale dell’evoluzione della civiltà cristiana. Eppure è una storia tenebrosa, perché l’origine di questa religione è stata cancellata da chi ne ha voluto riscrivere le premesse, per scopi altrettanto oscuri. Non sapremo mai la verità: ma sappiamo con certezza che Paolo, che ha approfittato dallo sterminio dell’unica comunità fondata direttamente da Cristo e guidata da “Giacomo fratello del Signore” per affermare la propria visione del Cristianesimo, rendendolo certamente una dottrina più universale e meno esoterica, ma raffreddandone probabilmente la potenza sconvolgente e trasfigurante dell’individuo e della comunità. Ebbe il sopravvento proprio lui che, autodichiaratosi apostolo secondo le sue visioni, tra gli apostoli è l’unico a non avere mai incontrato personalmente Gesù!
Ma il Cristianesimo conserva, anche nei soli quattro vangeli tardivamente selezionati allo scopo di creare una religione di stato ragionevole, per non parlare degli altri esclusi, una forza dirompente e un’originalità assoluta che lo distingue anche dagli altri due monoteismi: la sostituzione della figura del “profeta” con quella del “beato” (poi diventato, con operazione ideologica e restauratrice post medievale, il “santo”, distinto dalla persona comune e soprannaturale): cioè l’annullamento dell’abisso che separa Dio dall’uomo: Dio si fa uomo, e da quel momento l’uomo può avvicinarsi spericolatamente a Dio, attraverso quella specifica follia antisociale, anti real-polick, ma realmente trasformante nei confronti della Storia, che è la beatitudine (santità). La conoscenza di Francesco, della sua vita e degli scritti che lo riguardano, è fonte di un’illuminazione definitiva, rispetto a questa faccenda.
Risalire alle fonti dal Cristianesimo, nei luoghi storici e insieme dentro di me, nel mio profondo immaginario ereditato dalla catena delle generazioni che si sono susseguite, combattendo l’immaginazione (“l’immaginazione è il nostro inferno”, come dice Simon Weil) per attingere ai contenuti scabri di un immaginario “vero”, non fantasioso, fatto di quegli oggetti interiori che restano inamovibili anche alla fine del più radicale processo di spoliazione, attraverso i quali necessariamente guardiamo (e forse riusciamo e vedere davvero) la realtà.
Parliamo di realismo spirituale? Parliamo di Dante? Parliamo di Dostoevskij?
Vorrei interrogare i santi, i veri poeti, gli angeli, le pietre, a questo proposito.
Parto pensando a Darwish e ai poeti e alle poetesse polastinesi, che quando leggono i loro testi in pubblico riempiono gli stadi con migliaia di persone, che applaudono come a un concerto rock...
...Queste sono alcune premesse del mio viaggio.
Scrivendole realizzo anche un necessario passaggio di consegna tra il mio viaggio interiore che ho condotto fino ad ora -attraverso la preparazione, le molte letture, la riflessione, alcuni incontri- e il viaggio fisico che inizierà domattina -e sarà tutta un’altra storia.
come molti di voi sanno, domani parto per un viaggio in Israele e Palestina.
Nelle prime due settimane seguirò un itinerario attraverso i luoghi santi cristiani, da Tel Aviv a Gerusalemme, facendo un lungo giro in senso orario che attraversa la Galilea. Cercherò di compiere questo tragitto a piedi, per calarmici palmo a palmo, evitando di saltare da una “cartolina” all’altra, confidando nell’“ospitalità povera” presso monasteri, kibbutz, famiglie palestinesi. Non so esattamente come si svilupperà e se riuscirò in questo intento. Ma sono fiducioso.
La terza e quarta settimana avrò come base Gerusalemme ed esplorerò la realtà della Cisgiordania, visitando villaggi e città arabe (Betlemme, Nablus, Gerico...), cercando di incontrare gente palestinese, per raccogliere storie, volti, nomi, vicinanze, riflessioni.
Se ne avrò l’occasione visiterò alcuni campi profughi (Jenin, Nablus, forse Chatila in Libano).
Che cosa mi aspetta?
Dopo il recente massacro di Gaza i nostri media non hanno più prestato molta attenzione alle faccende israeliane/palestinesi. La situazione però non è affatto stagnante.
Per quello che riguarda i palestinesi: proprio oggi è iniziata a Betlemme la convention di Fatah, già partito di Arafat e ora unico movimento riconosciuto da Israele e dall'Occidente per i negoziati, guidato da Mahmud Abbas (Abu MAzen); l’ultima convention si era svolta nell’89, in concomitanza con l’inizio della prima Intifada, e ne era uscito un documento dai toni agguerriti. Stamattina, in apertura dei lavori, Abbas ha detto che “Fatah e i palestinesi hanno scelto di perseguire la pace con Israele, ma la resistenza resta un’opzione legittima di fronte alle violazioni e agli atti di occupazione israeliani”.
Il che sarebbe già una bella novità; se non fosse che Hamas ha impedito ai delegati di Fatah residenti a Gaza di uscire dalla striscia, usando questo sequestro per forzare Fatah a rilasciare centinaia di militanti di Hamas.
Sul fronte israeliano, in questi giorni i giornali parlano con toni anche critici degli sfratti violenti e illegali ai danni di alcune famiglie palestinesi in Gerusalemme Est, compiuti per stabilire nuovi avamposti ebraici nella parte araba della città, e, probabilmente, con l’intento politico di unificare tutta la città facendo sparire il quartiere arabo. USA e GB hanno condannato con parole durissime l’accaduto, ma il governo israeliano dice che sono questioni giudiziarie, non politiche. Paradossalmente, il governo di destra (estrema) di Netanyahu è attaccato anche da destra, dall’associazione dei coloni inferocita per una presunta “collisione” segreta del governo con alcuni gruppi di sinistra che si oppongono all’espansione delle colonie in terra palestinese (notizia divulgata dalla Radio Militare, non si sa su che basi e a che scopo).
Inoltre stanno uscendo ormai da mesi i rapporti di alcuni organismi internazionali (Amnesty International, ONU, UNICEF...) che dichiarano sulla base dei dati raccolti che l’invasione di Gaza è stata forse la più violenta e criminale iniziativa effettuata da Israele nei confronti della popolazione palestinese da sempre, violando tra l’altro tutte le convenzioni internazionali sui diritti umani, la guerra e l’occupazione militare: 1400 morti (95% civili), tra cui circa 300 bambini, ammazzati in 20 giorni praticamente a sangue freddo (a fronte di 13 soldati israeliani morti).
Infine, l’opinione pubblica israeliana è scossa dalle pubblicazioni su alcuni giornali israeliani (tra cui Haaretz) di confessioni di decine di soldati che hanno partecipato all’operazione, che rivelano retroscena agghiaccianti relativi agli ordini ricevuti (“prima sparate, poi guardate a chi avete sparato”) e al comportamento dei militari (“il clima creato dai superiori ci induceva a sparare a qualunque cosa si muovesse per strada”, “non pensavamo di avere davanti delle persone”).
Per quel che riguarda me e il mio viaggio, la strage di Gaza è stato il primo campanello che è suonato come un richiamo verso quella terra.
Ma in realtà, più che la storia mi attira il senso della Storia. In nessun luogo come in Palestina si consuma la più profonda contraddizione che riguarda (forse da sempre, ma soprattutto dopo il XX secolo) l’umanità intera: la possibilità per l’uomo di inventarsi un suo essere “fuori dalla Storia”, e in opposizione la manifestazione della Storia come violenza assoluta che annichilisce l’uomo e qualunque suo sforzo.
Gerusalemme: città tre volte santa, eterna e mistica! Tritacarne dell’umanità da sempre!
Apocalisse: una Gerusalemme terrena e una Gerusalemme celeste.
Terra Santa: culla delle tre religioni monoteistiche (compreso l’Islam, che ha in Gerusalemme alcuni dei suoi luoghi più santi, e che verso essa indirizzava l’atto della preghiera, almeno fino all’Egira e alla sostituzione con la Mecca).
Terra che, attraverso le tre religioni, ha suscitato le più profonde riflessioni sul rapporto dell’uomo con la Storia, la violenza, il potere, il male, l’uscir fuori dalla Storia, la salvezza, non l’innocenza ma la purificazione, la creazione di alternative alla catena eterna della sopraffazione.
Parto pensando all’origine e all’oggi: cercando i segni di una filosofia della storia pratica, umile, povera, da fare a piedi: l’unica filosofia della storia efficace: nella mia mente vorticano le parole, gli scritti, le vicende di Simone Weil, di Hanna Arendt, di Benjamin, di Dostoevskij, di Francesco d’Assisi, di Gandhi. “Se non c’è speranza (e non c’è speranza) fai del tuo corpo speranza e vai”. Persone che, rinunciando all’ideologia, rinunciando alla real-politick e al buon senso e, in sostanza, rifiutando di “appartenere al secolo” e dando “il corpo come un’offerta vivente” (secondo le massime e definitive raccomandazioni di Paolo), hanno cambiato per sempre il rapporto dell’uomo con la Storia, inventando ciò che prima non esisteva, materialmente, concettualmente, ognuna a suo modo e nel suo ambito.
Parto pensando all’esperimento sociale di Milgram, ispirato al processo ad Eichmann che si svolse a Gerusalemme nel ’60 (in presenza della Arendt, che ne scrisse). Milgram dimostrò che più del 60% della persone normali, scelte a caso, sono disposte a torturare una qualunque altra persona, fino quasi a indurne la morte, purché si presentino tre condizioni: non assistere al supplizio troppo da vicino; avere la garanzia assoluta riguardo l’impunità della propria azione; sapere che l’azione è voluta da un’autorità riconosciuta unanimemente all’interno della propria comunità di riferimento. Milgram elaborò la teoria che “ogni situazione è caratterizzata da una propria ideologia”, il che implicherebbe una costante ridefinizione del significato e del valore morale degli eventi, delle azioni e del proprio ruolo: ciò che una volta è considerato un abominio e un male assoluto, un’altra volta può diventare tranquillamente il frutto della propria azione consapevole.
Parto pensando al cristianesimo, che sento come una strada oscura, puntellata da luci fortissime, che ha condotto la nostra civiltà fino al punto presente: ovviamente anche il razionalismo, l’anticlericalismo, l’ateismo, il socialismo e, in definitiva, il nostro fragile laicismo, sono un frutto naturale dell’evoluzione della civiltà cristiana. Eppure è una storia tenebrosa, perché l’origine di questa religione è stata cancellata da chi ne ha voluto riscrivere le premesse, per scopi altrettanto oscuri. Non sapremo mai la verità: ma sappiamo con certezza che Paolo, che ha approfittato dallo sterminio dell’unica comunità fondata direttamente da Cristo e guidata da “Giacomo fratello del Signore” per affermare la propria visione del Cristianesimo, rendendolo certamente una dottrina più universale e meno esoterica, ma raffreddandone probabilmente la potenza sconvolgente e trasfigurante dell’individuo e della comunità. Ebbe il sopravvento proprio lui che, autodichiaratosi apostolo secondo le sue visioni, tra gli apostoli è l’unico a non avere mai incontrato personalmente Gesù!
Ma il Cristianesimo conserva, anche nei soli quattro vangeli tardivamente selezionati allo scopo di creare una religione di stato ragionevole, per non parlare degli altri esclusi, una forza dirompente e un’originalità assoluta che lo distingue anche dagli altri due monoteismi: la sostituzione della figura del “profeta” con quella del “beato” (poi diventato, con operazione ideologica e restauratrice post medievale, il “santo”, distinto dalla persona comune e soprannaturale): cioè l’annullamento dell’abisso che separa Dio dall’uomo: Dio si fa uomo, e da quel momento l’uomo può avvicinarsi spericolatamente a Dio, attraverso quella specifica follia antisociale, anti real-polick, ma realmente trasformante nei confronti della Storia, che è la beatitudine (santità). La conoscenza di Francesco, della sua vita e degli scritti che lo riguardano, è fonte di un’illuminazione definitiva, rispetto a questa faccenda.
Risalire alle fonti dal Cristianesimo, nei luoghi storici e insieme dentro di me, nel mio profondo immaginario ereditato dalla catena delle generazioni che si sono susseguite, combattendo l’immaginazione (“l’immaginazione è il nostro inferno”, come dice Simon Weil) per attingere ai contenuti scabri di un immaginario “vero”, non fantasioso, fatto di quegli oggetti interiori che restano inamovibili anche alla fine del più radicale processo di spoliazione, attraverso i quali necessariamente guardiamo (e forse riusciamo e vedere davvero) la realtà.
Parliamo di realismo spirituale? Parliamo di Dante? Parliamo di Dostoevskij?
Vorrei interrogare i santi, i veri poeti, gli angeli, le pietre, a questo proposito.
Parto pensando a Darwish e ai poeti e alle poetesse polastinesi, che quando leggono i loro testi in pubblico riempiono gli stadi con migliaia di persone, che applaudono come a un concerto rock...
...Queste sono alcune premesse del mio viaggio.
Scrivendole realizzo anche un necessario passaggio di consegna tra il mio viaggio interiore che ho condotto fino ad ora -attraverso la preparazione, le molte letture, la riflessione, alcuni incontri- e il viaggio fisico che inizierà domattina -e sarà tutta un’altra storia.
Iscriviti a:
Post (Atom)