profughi - give peace a chance

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israel - give peace a chance

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Jerusalem/Al Quds - give peace a chance

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guns & moses

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27/08 Bil`in - intifada

Ieri a Bil`in c`erano Jimmy Carter, Fernando Cardoso e gli altri ex presidenti del gruppo "The Elder". Carter ha detto che la situazione palestinese e` un nuovo apartheid.
Arrivo a Bil`in verso le 12, poco prima dell`inizio della manifestazione settimanale contro la costruzione del muro dell`apartheid. Oggi c`e` qui tutta la dirigenza del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, tranne il leader Sa`dat, catturato dagli israeliani un paio di anni fa e tutt`ora in carcere. E` il partito piu` laico, fondato da George Habbash, cristiano e comunista, incentrato sul diritto di ritorno di tutti i profughi palestinesi, dal `48 in poi.
Bil`in e` un piccolo villaggio sperduto verso il "confine" tra i due "Stati". La costruzione del muro, qui al momento rappresentato da una rete provvisoria, lo ha strangolato e separato dalla sue terre, automaticamente quanto illegalmente annesse de facto ai territori israeliani.
Qui da 4 anni, tutti i venerdi`, la gente del villaggio esce in un corteo di protesta pacifico che culmina davanti alla rete. I soldati li aspettano dall`altra parte. E` un appuntamento fisso. Anche il copione sembra essere sempre lo stesso a quanto mi dicono. Dopo dieci minuti di slogan e atti simbolici i militari attaccano con lacrimogeni, acqua acida, a volte proiettili di gomma e ci vanno giu` pesante.
Mi avevano avvertito del "pesante", si, ma non credevo COSI` TANTO...
Sono qui per manifestare con questa gente ed esprimere loro la mia solidarieta`, oltre che pre vedere con i miei occhi cio` che si dice. Ci sono diversi "internazionali", oltre a me. Voglio vedere bene, la curiosita` supera la cautela e mi trovo in mezzo, piuttosto avanti, davanti alla rete, con uomini, donne, anziani, bambini, armato di macchina fotografica, e piu` o meno pronto a tutto. Ci sono due ragazzi in sedia a rotelle. In tutto saremo una cinquantina.
I primi che arrivano attaccano alla rete delle bandiere israeliane e del FPLP. Basta questo per far partire la prima scarica di lacrimogeni: una ventina insieme, che arrivano da due postazioni diverse ed esplodono davanti e dietro a noi. Corriamo tutti indietro, ma anche dietro c`e` un muro di gas. Allora giu` nel fosso a lato della strada, unica via percorribile. Ma il vento tira proprio in quella direzione, ed e` un inferno. I polmoni stanno collassando e non vedo la fine del fumo. Brucia da morire e sento che i polmoni stanno per smettere di funzionare. Lotto contro il panico. Vedo gente nelle mie stesse condizioni. Non vedo quasi niente, in realta`. Lascio guardare la camera, accesa. E` un fuggi fuggi. Per un attimo mi chiedo che ne sara` dei due in carrozzella, e degli anziani, ma il dolore e la paura di non farcela sono troppo forti, e penso solo a me stesso. Devo stare in piedi, non perdere i sensi.
Poi miracolosamente il gas comincia a diradarsi. Riacquisto la vista piano piano, e soprattutto il respiro. Gente ovunque che annaspa per non lasciarsi andare a terra. Aggrappati a un ramo, a un bastone. L`uno all`altro. Altri invece sono a terra che si contorcono, altri immobili, rannicchiati. Arriva l`ambulanza. Soccorrono alcune persone. Una ragazza ha un blocco respiratorio e una crisi di panico. La caricano, la attaccano al respiratore.
E` stato tutto rapidissimo.
Tutto sembrerebbe gia` finito, siamo stati sbaragliati, messi in fuga come topi nel giro di 2 minuti. Invece il gruppo si ricompatta in pochi minuti, spontaneamente. Anche io torno ad avvicinarmi cautamente. E` proprio il dolore, l`adrenalina, la sproporzione, che ci spingono a ricompattarci al di la` della paura di un nuovo attacco. Che non tarda ad arrivare.
Alcuni ragazzi cominciano a tirare pietre al di la` della rete. Ecco i fischi dei lascrimogeni. Stessa scena di prima, forse peggio. Corro come un pazzo questa volta e riesco a stare fuori dall`espansione della nube. Mi volto e riprendo tutto. Gente che esce dal fumo stremata dal tentativo di continuare a respirare. Sbuca una donna sulla cinquantina, boccheggia, appena e` fuori dal gas crolla per terra, davanti ai miei piedi. Resto esterrefatto e impietrito. Come un idiota continuo a riprendere il suo corpo. Arriva gente, l`ambulanza, la caricano e la attaccano al respiratore. L`ambulanza schizza via.
Una quindicina di ragazzi tra i 15 e i 20 tirano pietre con la fionda. Se la cavano bene con la fionda, fanno dei gran lanci. Non molto efficaci pero`. L`unico "successo" e` rappresentato da una pietra che colpisce una delle camionette con cui i militari sparano i lacrimogeni. La gente esulta, e` un successo puramente simbolico, ma e` ovvio che questo e` il massimo a cui questa gente puo` aspirare.
A ogni pietra partono diversi lacrimogeni.
Va avanti per un`ora. Poi il grosso del gruppo di ritira su una collina arretrata. Restano i ragazzi che lanciano le pietre. A questo punto i soldati non si fanno piu` scrupoli (se mai se ne sono fatti) e sparano i colpi rasoterra, ad altezza d`uomo, direttamente contro questi ragazzi. E` in questo modo che 3 mesi fa e` stato ucciso Bassam, il leader e ideatore di questa quadriennale protesta: colpito in pieno petto da un lacrimogeno.
Guardiamo la battaglia da lontano. I ragazzi tirano decine di pietre, e allo stesso tempo saltano per schivare i lacrimogeni-proiettili. Ed e` una ben strana danza.
Non e` finita. Qualcuno urla "Ambulanza!". Dei ragazzi corrono indietro reggendo un altro ragazzo a braccia aperte, che non da segni di vita. Non capisco se e` stato colpito o ha perso i sensi per un blocco respiratorio. L`ambulanza lo carica e schizza via.
Mi sono spinto di nuovo un po` avanti. Un altro ragazzo mi afferra per un braccio e si mette a correre indietro trascinandomi. Non capisco, guardo indietro: il cannone ad acqua sta sparando l`acqua acida. Arrivano delle goccioline, portate dal vento, anche cosi` lontano. Le sento bene negli occhi nei polmoni e sulla pelle.
Una volta fuori pericolo, lui non mi lascia ancora il braccio. Mi guarda negli occhi. Dice:" This is Israel. This is the occupation. Welcome in Palestine"

1 commento:

  1. Ciao Carlo non sono mai riuscita a inviarti commenti, ci provo ora, anche se so che ormai stai per partire. Non riesco a credere alle malvagità che ho letto e che descrivi, come non posso credere alla povertà tremenda che Chiara ha conosciuto in Uganda; non posso neanche pensare a quanta gente, in vario modo, si presta con impegno a conservare la miseria, la violenza e l'odio in quei paesi e non solo in quelli.
    La speranza che qualcosa di buono possa fermentare sta in voi: i ragazzi come te e Chiara, Corrado e l'amico sadiq e i poeti come Darwish; con il desiderio che diventiate sempre più numerosi, un popolo innumerevole come i granelli di sabbia del più grande deserto. Baci.

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